Esecuzioni immobiliari e trascrizione del contratto di affitto agrario ultranovennale

Esecuzioni immobiliari e trascrizione del contratto di affitto agrario ultranovennale

Contratto ad imprenditore agricolo professionale

Secondo la pronuncia della Cassazione qui riportata, è inopponibile al terzo acquirente, il contratto di affitto agrario ultranovennale non trascritto dall’imprenditore Agricolo professionale (IAP), stante l’inapplicabilità del disposto dell’art.41 della Legge 203/82 alla materia delle esecuzioni.

Cass. civ. Sez. III, (ud. 15/01/2004) 03-05-2004, n. 8329

“Con ricorso in riassunzione del 16.6.1998 – a seguito di declinatoria della competenza da parte del Pretore di Firenze – Lorenzo F. esponeva che con contratto in data 15.1.1990 gli era stato concesso in affitto dal proprietario, Giovanni D., per il periodo dal 15.1.1990 al 14.1.2005, il fondo con fabbricato rurale sito in localita’ Malmantile di Lastra a Signa; che tale immobile, successivamente venduto a Franca R. e pignorato ad istanza di Ettore B., era stato aggiudicato a Angelo F.; che quest’ultimo con atto di precetto notificato il 17.5.1996 (cui era seguita in data 1.6.96 notifica di atto di significazione di sfratto) aveva intimato ad esso Fallani il rilascio del fondo, tanto premesso, conveniva dinanzi alla Sezione specializzata agraria del Tribunale di Firenze il F. per sentir dichiarare che lo stesso non aveva diritto di procedere esecutivamente nei suoi confronti, sia per carenza di titolo esecutivo, sia per la sussistenza del rapporto di affitto agrario a coltivatore diretto.

II convenuto, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda per insussistenza del dedotto rapporto di affitto.

L’adita Sezione con sentenza del 30.6.1999 rigettava la domanda. Essa riteneva inconfigurabile il rapporto di affitto, con “contestuale smentita di qualsivoglia contrario significato al documento contrattuale”, e rilevava, inoltre, l’assenza di prova in ordine alla qualita’ di coltivatore diretto.

La decisione veniva confermata con sentenza del 27.6.2000 dalla Corte d’appello di Firenze/Sezione specializzata agraria, ma con diversa motivazione. Riteneva infatti la Corte che nella specie la sussistenza del rapporto di affitto agrario era documentato da contratto scritto, che pero’ si trattava di contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto e che il contratto stesso, come tale, non era opponibile al F. in quanto non trascritto.

Avverso detta sentenza Lorenzo F. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi di censura. Resiste con controricorso Angelo F..

Motivi della decisione

Nel primo motivo, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.”, il ricorrente sostiene che doveva essere riconosciuto sussistente, nella specie, il rapporto di affitto agrario a coltivatore diretto, che risultava dal contratto stipulato in data 15.1.1990.

Il motivo non puo’ trovare accoglimento.

E’ principio di diritto che l’interpretazione del contenuto degli atti negoziali costituisce apprezzamento di fatto affidato al giudice di merito, censurabile in sede di legittimita’ solo per insufficienza o contraddittorieta’ della motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione, ovvero per violazione delle norme ermeneutiche, la quale pero’ deve essere dedotta precisandosi in quale modo il ragionamento del giudice del merito abbia deviato da esse.

Nella specie la Corte d’appello di Firenze, non disponendo il contratto stipulato il 15.1.1990 nulla in proposito, ha interpretato lo stesso in relazione all’attivita’ in concreto svolta dal Fallani, affittuario, pervenendo, in assenza di sostanziale valida prova offerta da quest’ultimo e sulla scorta degli accertamenti peritali disposti, alla stregua dei quali poteva darsi per certo lo stato di assoluto abbandono da svariati anni del fondo in questione, alla conclusione, sorretta da sufficiente e coerente motivazione, che si trattava di affitto a non coltivatore diretto e non, come aveva dedotto il medesimo Fallani, di affitto a coltivatore diretto.

Il Fallani, nella specie, non poteva, invero, limitarsi a invocare di avere concluso un contratto di affitto a coltivatore diretto, ma anche dimostrare, tra l’altro, che aveva, unitamente alla propria famiglia, una capacita’ lavorativa tale da costituire almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessita’ di coltivazione del fondo oggetto di lite.

Le censure che l’odierno ricorrente muove alla sentenza impugnata – ovvero: che la Corte ha errato nel considerare unicamente le risultanze della verifica peritale disposta dal Tribunale; che in realta’ e’ stata confusa una presunta situazione di inadempimento con l’insussistenza di un rapporto di affitto agrario; che la medesima Corte ha errato nel ritenere ininfluenti e irrilevanti le prove per testi richieste e dirette a dimostrare l’attivita’ svolta da esso Fallani ed in particolare che si occupava personalmente della coltivazione del fondo – costituiscono, dunque, una semplice critica della decisione sfavorevole e si risolvono nella prospettazione di una diversa interpretazione, volta ad ottenere, inammissibilmente, una nuova (e piu’ favorevole) valutazione da parte del giudice di legittimita’. (Esecuzioni immobiliari e trascrizione del contratto di affitto agrario ultranovennale)

Nel secondo motivo, deducendo “violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 41 della L. n. 203 del 1982 e dell’art. 586 c.p.c.”, il ricorrente assume che il decreto di trasferimento non gli puo’ essere opposto, perche’ le norme speciali di cui alla citata legge derogano alla disciplina codicistica e rendono opponibile all’aggiudicatario il contratto di affitto anche se non trascritto nei registri immobiliari.

Il motivo non e’ condivisibile, poiche’ la norma speciale dell’art. 41 della L. n. 203 del 1982, che comporta una radicale modificazione dell’art. 1350, n. 8 e n. 9, c.c. e dell’art. 2643, n. 8 e n. 10, c.c., e’ norma eccezionale, che non puo’ trovare applicazione, non essendo richiamata nell’art. 23 della L. n. 203 del 1982, ai contratti d’affitto a conduttore non coltivatore. Tale mancato richiamo trova d’altronde giustificazione nel fatto che l’art. 41 della L. n. 203 del 1982 e’ volto a proteggere l’esigenza di garantire la stabilita’ del rapporto tra il coltivatore e il fondo in godimento, e mira quindi alla salvaguardia di un’adeguata remunerazione del lavoro contadino che non sussiste quando l’affittuario non e’ impegnato di persona nella coltivazione del fondo.

Peraltro, il giudice a quo ha evidenziato (sulla scorta di Cass. n. 1048/1995) come i diritti dei terzi sull’immobile assoggettato alla espropriazione forzata immobiliare siano opponibili nei confronti dell’aggiudicatario, ai sensi dell’art. 2919 c.c., solo nei limiti in cui possono essere fatti valere nei confronti del creditore procedente o dei creditori intervenuti e solo se risultanti, quindi, da atto negoziale trascritto prima della trascrizione del pignoramento, cosa che non si e’ verificata nella specie.

Nel terzo motivo deducendosi “violazione e falsa applicazione dell’art. 41 della L. n. 203 del 1982, si censura la ritenuta inapplicabilita’ dell’art. 41 della L. n. 203 del 1982 anche ai contratti d’affitto a conduttore non coltivatore diretto e il contrasto, in tal caso, con l’art. 3 della Cost., non essendovi ragioni che giustifichino il diverso trattamento.

La censura e’ del pari infondata, giacche’, come gia’ osservato, l’art. 41 della L. n. 203 del 1982 predetto e’ norma eccezionale e trova ragione nella scelta legislativa di privilegiare il rapporto diretto tra il coltivatore e il fondo in godimento e di salvaguardarne un’adeguata remunerazione.

Nel quarto motivo si lamenta che la Corte territoriale “non si e’ pronunciata in ordine alla mancata applicazione dell’art. 47 della L. n. 203 del 1982.

La censura e’ da disattendere, dovendo ritenersi (in base ai pochi elementi che concretano la censura) che puo’ senz’altro esser il rilascio richiesto prima del termine dell’annata agraria, salvo ad avvenire al termine dell’annata agraria stessa.

Nel quinto ed ultimo motivo si sostiene che la Corte territoriale “neppure si e’ pronunciata sul fatto che la procedura esecutiva era stata iniziata in assenza di qualsiasi titolo esecutivo, non costituendo il provvedimento di trasferimento titolo valido per l’escomio”.

Il motivo non e’ fondato, giacche’ la Corte fiorentina ha invero rilevato correttamente che a norma dell’art. 586, comma 3, c.p.c. il decreto di aggiudicazione del bene immobile espropriato costituisce titolo esecutivo non solo (come da Cass. n. 6038/1995, citata) nei riguardi del debitore esecutato, ma anche nei confronti di chi si trovi nel possesso o nella detenzione dell’immobile medesimo.

Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in euro 1.600/00, di cui euro 1.500/00 per onorario. Cosi’ deciso in Roma, il 15 gennaio 2004. Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2004″

 

(Esecuzioni immobiliari e trascrizione del contratto di affitto agrario ultranovennale)

Ancora più ampia sul tema Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 20/02/2015) 29-05-2015, n. 11157 ad avviso della quale:

“…Passando alla sesta doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2923 c.c., anche in relazione agli artt. 416 e 560 c.p.c., L. n. 203 del 1982, artt. 1, 2 e 41, omessa pronuncia e motivazione circa l’erronea individuazione del dies a quo di cui all’art. 2923 c.c. e sulla mancata eccezione di controparte sulla inopponibilità oltre il novennio, nonchè della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, va rilevato che, ad avviso dei ricorrenti, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che la Famma avesse sollevato l’eccezione di inopponibilità del contratto agrario oltre il limite novennale dell’art. 2923 c.c..

Inoltre, avrebbe omesso di motivare sui rilievi di carenza di eccezione sull’opponibilità limitata al novennio di cui alla citata norma e sulla consequenziale impossibilità di dare ingresso all’applicabilità di tale norma. La doglianza non coglie nel segno.

In primo luogo, mette conto di rilevare che, come risulta dalla sentenza impugnata, con un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, la Corte di merito ha verificato che “sin dal primo atto difensivo e cioè dalla comparsa di risposta, la Famma aveva preso precisa posizione in ordine all’asserito contratto di affitto, evidenziando che non risultava trascrizione alcuna anteriore alla trascrizione dell’atto di pignoramento” .

Giova aggiungere che, come ha già statuito questa Corte, “la locazione ultranovennale non trascritta non è opponibile all’aggiudicatario di un immobile in sede di espropriazione forzata, atteso che il disposto dell’art. 2923 c.c., diversamente da quello di cui all’art. 1599 stesso codice (dettato in tema di vendita volontaria), non prevede la possibilità che l’acquirente assuma, nei confronti dell’alienante, l’obbligo di rispettare la locazione, tale possibilità essendo del tutto inconciliabile con lo scopo della procedura esecutiva, che è quello di realizzare il prezzo più alto nell’interesse tanto del debitore quanto dei creditori procedenti (Cass. n. 111/2003). Ne deriva l’infondatezza della ragione di censura. …”

(leggere qui – Disclaimer)