Lavori edili sospesi causa Coronavirus e pagamento

E’ necessario procedere al pagamento dei lavori edili che siano stati sospesi a causa del Coronavirus?

Può l’imprenditore edile chiedere il pagamento, almeno parziale, dei lavori effettuati prima della sospensione?

A dare risposta al quesito soccorre l’art.103 c.2 ter del D.L. 17/03/2020, n. 18 convertito in legge con L 27/2020 il quale testualmente dispone:

2-ter. Nei contratti tra privati, in corso di validità dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 luglio 2020, aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, i termini di inizio e fine lavori si intendono prorogati per un periodo pari alla durata della proroga di cui al comma 2. In deroga ad ogni diversa previsione contrattuale, il committente è tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori.

Tale disposizione, inserita (inappropriatamente) nell’ambito di un articolo relativo ai procedimenti amministrativi, ha inciso su tre aspetti fondamentali del rapporto d’appalto: la durata dei lavori, il collaudo delle opere ed il pagamento del prezzo.

Analizziamoli brevemente:

PORTATA DELLA NORMA: l’articolo in esame circoscrive il proprio ambito di applicazione ai soli contratti aventi ad oggetto “lavori edili“, escludendo di fatto ogni altro contratto di fornitura, vendita, opere impiantistiche etc. non rientranti nel codice ATECO autorizzato 43.2 (cfr. l’allegato al D.P.C.M. 10 aprile 2020).

Tali contratti debbono inoltre essere stipulati “tra privati”, escludendo quindi, tutti i contratti d’appalto pubblici (per i quali v’è una evidente disparità di trattamento).

VALIDITA’ TEMPORALE DEL CONTRATTO: la norma appare di non facile interpretazione (o “non felice stesura”, che dir si voglia). Il significato apparentemente più plausibile è che essa si applichi ai soli contratti già perfezionati, anche prima del 31/1, i cui “effetti” non siano esauriti prima del 31/7/2020, intendendosi per esse le opere non terminate e/o  il prezzo non corrisposto.

Rientrerebbero nell’ambito applicativo della norma a titolo esemplificativo, sia i contratti stipulati prima del 31/1 per i quali fossero terminate le opere ma non ancora pagato il prezzo (magari perchè soggetto a dilazione), sia quelli con lavori sospesi a causa Coronavirus.

Non rientrerebbero nell’ambito della norma quei contratti di opere edili che, entro il 31/7/20, fossero: risolti consensualmente o giudizialmente, annullati, per i quali fosse accertata la nullità o per i quali il committente avesse esercitato il recesso legale ed art.1671 C.C.

PROROGA DEL TERMINE DEI LAVORI: il punto è il più complesso e delicato per le molte implicazioni che, per ragioni di brevità, non possono essere analizzate compiutamente in questa sede.

Senza pretesa di esaustività, si rileva che l’art. 103, comma 2-ter, prevede una proroga dei termini contrattuali di durata pari a quella accordata, al comma 2 della medesima disposizione, che recita testualmente “2. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. Il medesimo termine si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.”

I termini dei contratti di appalto tra privati, si intendono quindi prorogati “per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza”: posto che lo “stato di emergenza” terminerà (salvo proroghe già ipotizzate ma ancora non attuali) il 31 Luglio, i termini ipotizzati scadrebbero il  31 Ottobre.              (Lavori edili sospesi causa Coronavirus e pagamento)

Tale ipotesi non è assolutamente condivisa in dottrina, laddove si fa notare come non abbia senso dare termini di sospensione uguali per tutti i contratti di appalto, dato che taluni lavori potrebbero essere stati iniziati, altri no, altri ancora potrebbero aver subito sospensioni maggiori di altri a causa dell’inclusione del cantiere in una zona rossa, etc. etc con evidente disparità di trattamento. Allo stesso tempo, non avrebbe molto senso far decorrere i termini della sospensione dal 31 Gennaio (inizio dello stato d’emergenza), visto che a tale data non erano state ancora emanate misure di blocco delle attività (il c.d. “lockdown“).

Da ultimo, non avrebbe egualmente senso disporre la mera proroga dei contratti di 90 giorni dal termine del periodo di emergenza, considerato che la durata delle opere potrebbe essere assolutamente più ampia.

“Probabilmente” l’intento del Legislatore era quello di sospendere il decorso dei termini contrattuali fino al termine dello stato di emergenza (così da “congelare” e non far decorrere i termini di consegna dei cantieri), e concedere un “bonus” di ulteriori 90 giorni da sommare al periodo non lavorato. Stante la non felice stesura della norma, questa è solo un’interpretazione da approfondire.

PAGAMENTO DEI LAVORI EFFETTUATI: la disposizione che prevede il pagamento dei lavori già effettuati, desta grande perplessità e preoccupazione nei committenti. Essa dispone il necessario pagamento delle opere già eseguite, indipendentemente dalla loro utilità e/o funzionalità e/o collaudo, e si pone come una espressa ed evidente deroga ex lege ad ogni diversa previsione contrattuale, comportando una decadenza automatica del committente/debitore dal beneficio del termine di pagamento.                       (Lavori edili sospesi causa Coronavirus e pagamento)

La perplessità deriva dal fatto che, con tale norma, si va ad incidere in maniera drastica sugli accordi già raggiunti tra le parti: si ponga il caso, non infrequente, dell’imprenditore (ad esempio il titolare di un negozio) che abbia accettato di pagare un prezzo più alto per la ristrutturazione edile, a condizione di un dilazionamento dei pagamenti che gli permettesse di non ricorrere al credito bancario. Tale accordo, del tutto lecito e legittimo, verrà spazzato via dalla norma, con evidente svantaggio per il committente che si troverà a pagare “di più” e “subito”.

Poniamo poi l’ulteriore ipotesi di opere concluse a Gennaio, per le quali il committente si fosse riservato di pagare il saldo solo a collaudo effettuato, in modo da poter verificare adeguatamente la corretta esecuzione dei lavori: alla luce di questa nuova disposizione, egli sarebbe tenuto a pagare subito il saldo, senza poter opporre la necessità di collaudo e con evidente rischio a proprio carico.

Seppur si intuisca chiaramente l’intenzione del Legislatore di aiutare un settore delicato e complesso come quello dell’edilizia che vive in crisi da anni, il provvedimento emesso, pur nella sua brevità, risulta vago e di difficile applicazione pratica, ed è facile ipotizzare che ciò creerà molti contenziosi tra imprese e committenti, come sempre avviene in caso di disposizioni mal scritte.

Lo studio è a disposizione di imprese, professionisti e privati per tutti gli approfondimenti che si rendessero necessari.

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