Il Decreto Legislativo 29 marzo 2004 n.99 e la prelazione agraria

Il decreto legislativo 99/2004, recante “Disposizioni in materia di soggetti ed attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura.” è già stato oggetto di approfondimento sulle pagine di questo notiziario.

Dato l’interesse sempre suscitato dall’argomento della prelazione agraria, ed in considerazione della portata altamente innovativa delle disposizioni in materia, si è ritenuta tuttavia necessaria questa ulteriore disamina.

L’art. 7 della legge 817/1971 prevede che il ” .diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche: 1) .(omissis).; 2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita , purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti..”

Un punto di assoluta importanza, previsto espressamente dalla legge, riguarda il titolo che il coltivatore deve avere per poter esercitare il diritto di prelazione sancito dal secondo comma dell’articolo: egli deve essere proprietario del fondo .

La cosa potrebbe forse sembrare ovvia, ma non lo è se si considerano i terreni acquistati con l’intervento della “Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina” (oggi ISMEA) per i quali è previsto un regime assolutamente particolare.

L’aiuto della Cassa consiste in un finanziamento a tassi estremamente vantaggiosi, ma comporta l’acquisto del terreno con patto di “riservato dominio” a favore della Cassa stessa, che rimane unica proprietaria del fondo fino al pagamento dell’ultima rata del finanziamento, come previsto dall’art.1523 del codice civile. Da ciò deriva che il coltivatore non potrà dirsi proprietario del fondo , e non potrà conseguentemente esercitare il diritto di prelazione sui fondi confinanti col proprio, fino a che non avrà “pagato l’ultima rata del prezzo”.

Tale orientamento è condiviso anche dalla Suprema Corte di Cassazione che nel 1998 (Cassazione civile sez. III, 3 febbraio 1998, n. 1090) si era espressa nel senso di rigettare “.la domanda di prelazione del coltivatore diretto non ancora proprietario del terreno confinante, non avendo quest’ultimo ultimato il pagamento del prezzo dell’acquisto, attuato attraverso la Cassa per la formazione della piccola proprieta’ contadina.”

Tale orientamento deve considerarsi completamente ribaltato alla luce dell’art.8 del D.lgs 99/2004 che così dispone:

Estensione del diritto di prelazione o di riscatto agrari

1. Gli assegnatari dei fondi acquistati dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) sono equiparati ai proprietari coltivatori diretti, ai sensi del citato articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, in ordine al diritto di prelazione o di riscatto agrari nella compravendita dei fondi confinanti.

2. Alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all’ISMEA si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8, comma 7, della legge 26 maggio 1965, n. 590.

La norma chiarisce quindi in via definitiva l’equiparazione degli assegnatari dei fondi acquistati dall’ISMEA ai proprietari coltivatori diretti.

Al comma secondo si prevede inoltre la applicazione della norma di cui alla legge 590/1965, alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell’esercizio della prelazione da parte dei coltivatori che hanno presentato domanda ad ISMEA: nel caso che sia stata presentata domanda di mutuo da parte del prelazionante, il termine di tre mesi per il pagamento del prezzo di acquisto rimane sospeso fino alla concessione del mutuo, e comunque per non più di un anno.

SOCIETA’ AGRICOLE (art.2, D.lgs 99/2004)

E’ opportuno segnalare inoltre che anche le società agricole, ovvero tutte le società che hanno quale oggetto esclusivo l’esercizio delle attività agricole di cui all’art.2135 C.C. , potranno godere del diritto di prelazione e riscatto di cui all’art. 8 L. 590/1965 e L. 817/1971.

Condizione essenziale affinché possano godere di tale vantaggio, è che siano costituite per almeno la metà da soci che siano “coltivatori diretti” , risultanti dalla iscrizione nel registro delle imprese.

Second o il disposto dell’art.2 infatti, la qualifica di coltivatore diretto deve risultare “dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile”. Il socio, per essere considerato coltivatore diretto, dovrà quindi garantire la coltivazione del fondo soddisfacendo il requisito della prevalenza (e non quello di 1/3) previsto dall’art.2083 C.C., ed in tale veste essere iscritto come coltivatore diretto nel registro delle imprese.

(A.D. 2004)