Determinazione valore terreno agricolo in caso di esproprio per pubblica utilità
Come è noto, con DPR 8/6/2001 n. 327, entrato in vigore nell’anno 2003, è stata approvata la riforma dell’istituto dell’esproprio per pubblica utilità, che ha notevolmente modificato la materia già disciplinata in via principale dalla precedente normativa contenuta nella L. n. 865 del 1971, riconoscendo, peraltro, al proprietario del fondo agricolo espropriato avente la qualifica di IAP, il diritto ad un’indennità aggiuntiva.
Analoga estensione non si riscontra tuttavia nella norma di cui all’art. 42 che, nel disporre il diritto all’indennità aggiuntiva in caso di esproprio di un terreno concesso a terzi in godimento, prevede che “Spetta una indennità aggiuntiva al fittavolo, al mezzadro o al compartecipante che, per effetto della procedura espropriativa o della cessione volontaria, sia costretto ad abbandonare in tutto o in parte l’area direttamente coltivata da almeno un anno prima della data in cui vi è stata la dichiarazione di pubblica utilità”.
La stessa “restrizione” si riscontra anche nella norma di cui all’art. 45 che, nel prevedere il diritto alla triplicazione dell’importo dovuto a titolo di indennità provvisoria, ne dispone la concessione a favore del solo proprietario che coltiva direttamente l’area oggetto di esproprio.
Ciò premesso la questione che qui ci occupa fa riferimento proprio alle previsioni contenute nei citati articoli, a norma dei quali sembra continuare ad essere precluso allo IAP il riconoscimento dell’indennità aggiuntiva spettante all’affittuario e della triplicazione in caso di cessione volontaria.
E difatti il DPR n. 327/2001, sebbene, nei confronti del proprietario dell’area espropriata abbia riconosciuto all’attività lavorativa dello IAP una dignità pari a quella del lavoro manuale del coltivatore, ha mantenuto invece tale diversificazione per determinare sia l’indennità aggiuntiva a favore dell’affittuario insediato sul terreno espropriato sia l’indennità spettante al proprietario in caso di cessione volontaria (art. 45 lettera d), riservando letteralmente tali diritti solo a colui che “coltiva direttamente” l’area interessata.
Una tale distinzione – a giudizio della scrivente – non può e non deve prescindere dall’allargamento operato dal citato DPR a favore dello IAP talchè il termine “area direttamente coltivata” dovrebbe fare riferimento non solo a quella lavorata manualmente dal coltivatore diretto ma anche a quei terreni che sono condotti direttamente dal proprietario o dall’affittuario che attraverso esso gestiscono la loro attività imprenditoriale.
Pur tuttavia, in assenza di un chiaro disposto di legge e di interpretazione della giurisprudenza, va segnalato che ad oggi la dottrina pare orientata a confermare detta distinzione ed a ritenere pertanto lo IAP escluso sia dal diritto di percepire l’indennità aggiuntiva sia alla triplicazione dell’indennizzo in caso di cessione volontaria.
Ciò nonostante è anche vero che le sentenze fin’ora pronunciate dalla magistratura superiore (Corte di Cassazione) sono relative a espropriazioni effettuate quando era ancora in vigore la precedente legge sugli espropri (L. n. 865 del 1971). (Si ricorderà infatti che il T.U. sugli espropri è entrato in vigore il 30/6/2003, per cui ai provvedimenti espropriativi pendenti a tale data, hanno continuato ad applicarsi tutte le normative vigenti a quel momento, sia per quanto riguarda l’iter procedimentale, sia per quanto attiene la disciplina di alcuni specifici istituti che con la riforma sono stati invece modificati.)