Le acque ed il demanio

Sono definiti demaniali” tutti quei beni, indicati dal codice civile, appartenenti allo Stato e che non possono essere oggetto di compravendita o di diritti a favore di terzi se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Con particolare riferimento alle acque, l’art.822 c.c. indica come appartengano allo Stato e facciano parte del demanio pubblico “.i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.”. Per meglio specificare quali acque debbano intendersi ricomprese in tale indicazione è da ultimo intervenuto il D.P.R. 18.02.1999 n. 238  (in Gazz. Uff., 26 luglio, n. 173) il quale all’art.1 prevede: “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.”. Tale disposizione non si applica a tutte le acque piovane non ancora convogliate in un corso d’acqua o non ancora raccolte in invasi o cisterne. Risulta quindi di tutta evidenza come le acque realmente utilizzabili siano sempre e solo demaniali ovverosia “pubbliche”: da ciò discende la impossibilità giuridica da parte dei privati di farne oggetto di vendita. Per poter meglio comprendere lo “spirito” della normativa in esame e capire quindi quali siano i punti fermi sul quale il Legislatore si è basato per dettare tutta la disciplina in materia, è opportuno prendere in analisi quantomeno i primi due articoli della Legge 5.1.1994 n.36 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 19 gennaio, n. 14), che recitano:

Art. 1. Tutela e uso delle risorse idriche.

. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà .   2. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale .   3. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico , la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.  4. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da leggi speciali.

Art. 2. Usi delle acque.

L’uso dell’acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo . Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell’acqua per il consumo umano. .

Considerate quindi le intenzioni e gli scopi perseguiti dal Legislatore in materia di risorse idriche, risulterà sicuramente di più agevole comprensione perché non sia permessa ai privati una totale gestione delle sorgenti e delle falde acquifere che pur insistano sui propri fondi. Si ponga il caso di una sorgente che affiori in un terreno di proprietà d’un agricoltore: egli, dopo aver opportunamente denunciato alla Provincia l’esistenza della fonte, potrà farne uso nei limiti concessigli dalle normative vigenti, ma non potrà vendere l’acqua che da essa dovesse ricavare. Allo stesso modo, se il coltivatore avesse un grosso “fontone” di raccolta delle acque piovane e di scolo di altri terreni quell’acqua, una volta accumulata, sarebbe ugualmente “demaniale” e pertanto non potrebbe costituire oggetto di vendita da parte del coltivatore, ma potrebbe comunque essere usata dallo stesso per i propri terreni od i propri animali. A tal proposito si tenga conto che, ai sensi dell’articolo 28, commi 3 e 4, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, la raccolta delle acque piovane o di scolo in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non è soggetta a licenza o concessione di derivazione , ferma l’osservanza delle norme edilizie e di sicurezza e di altre norme speciali per la realizzazione dei relativi manufatti. Sempre in materia di agricoltura, è opportuno segnalare l’art. 28 comma I° della Legge 5.1.1994 n. 36 il quale indica come, “Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell’uso agricolo

(A.D. 2002)