Tentativo di mediazione obbligatoria nell’opposizione a decreto ingiuntivo.

“In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, a pena di improcedibilità del gravame, spetta alla parte opponente esperire il tentativo di mediazione obbligatoria” così ha statuito la Suprema Corte con sentenza n. 24629 del 2015.
La pronuncia in esame è riuscita a dirimere le contrapposte posizioni giurisprudenziali in merito all’onere di proposizione del tentativo di conciliazione obbligatoria, nel silenzio della disciplina codicistica.
Fino a tale statuizione, secondo una prima corrente l’onere gravava in capo all’opposto, in qualità di attore sostanziale, che era tenuto ad attivarsi per evitare la declaratoria di improcedibilità, tesa a sanzionare la sostanziale pretesa creditoria, con effetti caducatori sia del procedimento di opposizione che della procedura monitoria (Trib. di Varese, 18 maggio 2012; Trib. di Firenze, 15 ottobre 2015; Trib. di Firenze, 29 settembre 2014). Secondo contrapposta corrente, invece, l’onere della proposizione del tentativo di conciliazione sarebbe ricaduto in capo all’opponente, conseguentemente, la mancata presentazione dell’istanza avrebbe comportato l’improcedibilità della domanda esplicando i suoi effetti solo nei confronti del giudizio di opposizione (Trib. di Chieti, 28 ottobre 2015; Trib. Firenze 30 ottobre 2014; Trib. Rimini, 5 agosto 2014; Trib. Siena, 25 giugno 2012).
Come noto, la mediazione obbligatoria non opera qualora la parte voglia avvalersi di forme di tutela sommarie ed urgenti, in particolare, espressamente l’art. 5, comma 4, d. lgs. 28/2010 prevede che tale condizione di procedibilità non trovi applicazione nella fase monitoria e in quella di opposizione fino alla pronuncia sulle istanze di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. La ratio di tale esclusione è senza dubbio quella di non appesantire un procedimento caratterizzato da celerità ed assenza di contraddittorio. Quindi l’obbligatorietà del tentativo di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda, tornerà in vigore solo dopo l’udienza di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione.
Nel silenzio della legge in merito alla parte onerata dal tentativo di mediazione obbligatorio, tale onere non si può far ricadere semplicemente sulla parte più diligente o sull’oggetto della domanda sostanziale proposta in via monitoria, poiché è evidente come il convenuto opposto, attore sostanziale, non avrebbe alcun interesse ad avviare un tentativo di mediazione che appesantirebbe il rito scelto, peraltro obbligandolo a tener in vita un giudizio a cognizione piena instaurato a suo danno. Inoltre, sarebbe inopportuno vanificare una pretesa già valutata positivamente dall’autorità giudiziaria, seppur in assenza di contraddittorio, qualora non fosse la parte che ne ha effettivo interesse ad attivarsi per far valere la propria posizione giuridica. Quindi, porre tale onere a carico del debitore opponente comporterebbe un sacrificio economicamente apprezzabile a suo carico, non creando nessuna irragionevole disparità rispetto al creditore opposto.
In fine, bisogna ricordare come l’eventuale caducazione del decreto ingiuntivo validamente ottenuto, a causa dell’inattività della parte che aveva interesse ad avviare il tentativo di mediazione, mortificherebbe la funzione deflattiva sottesa all’istituto della mediazione, poiché immancabilmente il creditore potrebbe reiterare la domanda in via monitoria; quindi, in caso di omessa mediazione si avrà la intangibilità del provvedimento adottato che acquisterà autorità ed efficacia di cosa giudicata.
Rif. Normativi: art. 5 d.lgs 28/2010 e art. 645 c.p.c.

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