Impresa agricola e società semplice

Il nuovo articolo 2135 c.c., introdotto dal D.Lgs. 228/2001 attribuisce la qualifica di imprenditore agricolo a chiunque eserciti “una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”, anche nell’ipotesi che tale attività sia esercitata su un fondo preso in affitto e non di proprietà.

Tale attività, così come prevista, può essere svolta sia da un imprenditore agricolo singolo, sia anche da più di uno riuniti in una società semplice, che non essendo dotata per sua natura della personalità giuridica, rappresenta solamente l’insieme di due o più imprenditori e non una entità autonoma. Il vantaggio della società semplice rispetto all’impresa individuale consiste nel poter dividere le spese di gestione così come pure i normali rischi dovuti alla attività di coltivazione (o allevamento, silvicoltura,..) ed ha come ovvio contrappasso la divisione dei guadagni; a differenza delle società di capitali i debiti della società sono anche debiti dei soci, che ne rispondono solidalmente ed illimitatamente. Se per esempio un socio, in una società semplice ad amministrazione disgiunta (ovverosia quando ogni socio è libero di effettuare operazioni senza il preventivo consenso dell’altro) dovesse acquistare dei beni creando un grosso debito, di tale passività sarebbero responsabili personalmente anche gli altri soci. L’unica differenza, dal punto di vista strettamente economico è che, mentre i creditori di un singolo si rivolgono direttamente a questi, i creditori della società prima dovranno escutere il patrimonio societario e solo dopo potranno aggredire i soci.

La società semplice è, secondo la dottrina prevalente, riservata alle attività non commerciali, come ad esempio l’impresa agraria; la gestione della società è normalmente disgiunta (ovverosia ogni socio può compiere operazioni sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione senza il previo consenso degli altri) ma nel contratto sociale può essere stabilito diversamente.

Essa è distinta dagli altri tipi di società, oltre che per le considerazioni già esposte, per la maggiore semplicità richiesta nelle forme di costituzione e perché, pur richiedendo la registrazione nella sezione speciale del registro delle imprese, non è sottoposta a pubblicità. Di norma tale forma societaria prevede, come già detto, la responsabilità illimitata e solidale da parte di tutti i soci, ma è tuttavia ammissibile un patto interno che limiti la responsabilità dei soci non gestori, a condizione che esso sia messo a conoscenza dei terzi con mezzi idonei: in caso contrario infatti tale patto non sarebbe opponibile a coloro che non ne avessero avuto conoscenza (per la responsabilità dei soci nelle società semplici si veda l’art.2267 c.c.).

L’art.2 del D.Lgs. 228/2001 prevede che ” L’iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l’efficacia di cui all’articolo 2193 del codice civile “. Tale indicazione, oltre ad estendere l’applicazione dell’art.2193 c.c. sulla efficacia della iscrizione nel registro delle imprese anche alle società semplici, fornisce pure un implicito riconoscimento della possibilità di esercitare l’attività agricola nella forma societaria presa in considerazione.

In ultimo è opportuno affrontare anche l’argomento del regime giuridico-tributario cui sono sottoposte le società semplici esercenti attività agricola. Un dubbio che potrebbe porsi riguarda la possibilità o meno, per tali soggetti, di richiedere gli stessi contributi comunitari (ad esempio per il ritiro dei seminativi), o le agevolazioni tributarie e creditizie di cui già godono le persone fisiche esercenti la medesima attività con le medesime qualifiche.

Come già detto, la società semplice è “l’unione di più soci” e non costituisce di per sé una persona giuridica dotata di autonomia rispetti ai soci. Già questa semplice considerazione potrebbe essere da sola sufficiente ad estendere i medesimi diritti dei singoli alle società semplici: se infatti un imprenditore agricolo ha diritto ad un determinato contributo, non vi è motivo perché lo stesso diritto non possa spettare anche a due o più imprenditori agricoli che lavorino assieme.

A ulteriore conferma di questa considerazione tuttavia è intervenuto l’art.9 del più volte citato D.Lgs. 228/2001 il quale stabilisce che: “Ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche. I predetti soggetti mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l’apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare.”

(A.D. 2002)