Il processo tributario – il D.Lgs. 546/1992

D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546   (1).

Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413(2)


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 gennaio 1993, n. 9, S.O.

(2) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-23 aprile 1998, n. 144 (Gazz. Uff. 29 aprile 1998, n. 17, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sollevate in riferimento all’art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione.

 


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli76 e87 della Costituzione;

Visto l’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, recante delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi concernenti disposizioni per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata il 30 settembre 1992, che ha autorizzato l’invio, per il prescritto parere, alla commissione parlamentare istituita a norma dell’art. 17 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, nella composizione stabilita dall’art. 1, comma 4, della legge 29 dicembre 1987, n. 550;

Udito il parere della predetta commissione parlamentare;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 dicembre 1992;

Sulla proposta del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri di grazia e giustizia e del tesoro;

Emana

il seguente decreto legislativo:


 


Titolo I

Disposizioni generali 

Capo I

Del giudice tributario e suoi ausiliari 

Art. 1  Gli organi della giurisdizione tributaria

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La giurisdizione tributaria è esercitata dalle commissioni tributarie provinciali e dalle commissioni tributarie regionali di cui all’ art. 1 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545.

2.  I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del c.p.c..


 


Art. 2  (Oggetto della giurisdizione tributaria) (3)

In vigore dal 3 dicembre 2005

1.  Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. (4) (7)

2.  Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall’ articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni. (5) (6) (8) (9) (10) (13) (15) (11)

3.  Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio (12) (14).


(3)  Articolo modificato dall’art. 3, comma 37, L. 28 dicembre 1995, n. 549, a decorrere dal 1° gennaio 1996 e, successivamente, sostituito dall’art. 12, comma 2, L. 28 dicembre 2001, n. 448, a decorrere dal 1° gennaio 2002.

(4) Comma modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lett. a), D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.

(5) Comma modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lett. b), D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.

(6) La Corte Costituzionale, con sentenza 14 marzo 2008, n. 64, pubblicata nella G.U. Prima Serie Speciale 19 marzo 2008, n. 13, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo periodo del presente comma, nella parte in cui stabilisce che “Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni”. La stessa Corte, con sentenza 8-11 febbraio 2010, n. 39 (Gazz. Uff. 17 febbraio 2010, n. 7 – Prima serie speciale), ha dichiarato: a) l’illegittimità del presente periodo, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della L. 5 gennaio 1994, n. 36; b) ai sensi dell’art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità del presente periodo, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e155 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

(7) La Corte Costituzionale, con sentenza 14 maggio 2008, n. 130, pubblicata nella G.U. Prima Serie Speciale, 21 maggio 2008, n. 22, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria.

(8) La Corte Costituzionale, con sentenza 11 febbraio 2010, n. 39, pubblicata nella G.U. Prima Serie Speciale, 17 febbraio 2010, n. 7, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo periodo del presente comma nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

(9) La Corte Costituzionale, con sentenza 11 febbraio 2010, n. 39, pubblicata nella G.U. Prima Serie Speciale, 17 febbraio 2010, n. 7, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo periodo del presente comma nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e 155 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

(10) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 marzo 2006, n. 94 (Gazz. Uff. 15 marzo 2006, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, sollevata in riferimento all’art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione.

(11) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-10 luglio 2008, n. 269 (Gazz. Uff. 16 luglio 2008, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 – sollevata, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 102, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 22-30 aprile 2009, n. 125 (Gazz. Uff. 13 maggio 2009, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevata in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione. La, stessa Corte, con altra ordinanza 08 – 17 luglio 2009, n. 218 (Gazz. Uff. 22 luglio 2009, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevata in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 16 – 22 luglio 2009, n. 238 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevate in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 102, secondo comma, della Costituzione; infine ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione sollevata in riferimento all’art. 102, secondo comma, Cost. La Corte, con altraordinanza 13 – 21 gennaio 2010, n. 18 (Gazz. Uff. 27 gennaio 2010, n. 4, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, dellalegge 2 dicembre 2005, n. 248 – nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria […] le controversie attinenti […] il canone comunale sulla pubblicità» previsto dall’art. 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento all’art. 102, secondo comma, ed alla VI disposizione transitoria della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova. La stessa Corte, con successiva ordinanza 22 – 24 febbraio 2010, n. 64 (Gazz. Uff. 3 marzo 2010, n. 9, 1ª Serie speciale), ha dichiarato dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del secondo periodo del comma 2 dell’art. 2 – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell’art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevata, in riferimento al secondo comma dell’art. 102 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del medesimo secondo periodo del comma 2 dell’art. 2 – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell’art. 1 della legge n. 248 del 2005, sollevata in riferimento al primo comma dell’art. 25 Cost.; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo secondo periodo del comma 2 dell’art. 2 – come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell’art. 1 della legge n. 248 del 2005, sollevate in riferimento al secondo comma dell’art. 102 Cost.

(12) La Corte costituzionale, con ordinanza 1°-5 luglio 2002, n. 322 (Gazz. Uff. 10 luglio 2002, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 77, 111 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 4-17 luglio 2007, n. 297 (Gazz. Uff. 25 luglio 2007, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 16, 41 e 42 della Costituzione. La Corte, con altra ordinanza 26-30 gennaio 2009, n. 22 (Gazz. Uff. 4 febbraio 2009, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 7, comma 4, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 102 e 103 della Costituzione. La Corte, con altra ordinanza 27 gennaio – 5 febbraio 2010, n. 37 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2010, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), sollevata in riferimento all’art. 102 della Costituzione. La stessa Corte, con altra ordinanza 7 – 11 maggio 2010, n. 210 (Gazz. Uff. 16 giugno 2010, n. 24, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, come modificato dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sollevata in riferimento all’art. 102 della Costituzione.

(13) Vedi, anche, il comma 34 dell’art. 2D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dal comma 339 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, e il comma 33 del citato art. 2, come modificato dall’art. 26-bisD.L. 1° ottobre 2007, n. 159, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(14) Vedi, anche, l’art. 74L. 21 novembre 2000, n. 342.

(15) Vedi, anche, il Provvedimento 17 luglio 2012.

 


Art. 3  Difetto di giurisdizione

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il difetto di giurisdizione delle commissioni tributarie è rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo. (17)

2.  È ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall’art.41, primo comma, del c.p.c. (16).


(16)  La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 novembre 2008, n. 363 (Gazz. Uff. 12 novembre 2008, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, sollevate in riferimento agli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione.

(17) La Corte costituzionale, con ordinanza 04 – 13 luglio 2011, n. 212 (Gazz. Uff. 20 luglio 2011, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, sollevata in riferimento agli articoli 24 e 113 della Costituzione.

 


Art. 4  Competenza per territorio

In vigore dal 31 maggio 2010

1.  Le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio o altre articolazioni dell’Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nell’ambito della dotazione organica prevista a legislazione vigente e anche mediante riorganizzazione, senza oneri aggiuntivi, degli Uffici dell’Agenzia è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso. (18)

2.  Le commissioni tributarie regionali sono competenti per le impugnazioni avverso le decisioni delle commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione.


(18) Comma così modificato dall’art. 28, comma 2, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.

 


Art. 5  Incompetenza

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La competenza delle commissioni tributarie è inderogabile.

2.  L’ incompetenza della commissione tributaria è rilevabile, anche d’ufficio, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce.

3.  La sentenza della commissione tributaria che dichiara la propria incompetenza rende incontestabile l’incompetenza dichiarata e la competenza della commissione tributaria in essa indicata, se il processo viene riassunto a norma del comma 5.

4.  Non si applicano le disposizioni del c.p.c. sui regolamenti di competenza.

5.  La riassunzione del processo davanti alla commissione tributaria dichiarata competente deve essere effettuata a istanza di parte nel termine fissato nella sentenza o in mancanza nel termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa. Se la riassunzione avviene nei termini suindicati il processo continua davanti alla nuova commissione, altrimenti si estingue.


 


Art. 6  Astensione e ricusazione dei componenti delle commissioni tributarie

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  L’astensione e la ricusazione dei componenti delle commissioni tributarie sono disciplinate dalle disposizioni del c.p.c. in quanto applicabili.

2.  Il giudice tributario ha l’obbligo di astenersi e può essere ricusato anche nel caso di cui all’ art. 13, comma 3, e in ogni caso in cui abbia o abbia avuto rapporti di lavoro autonomo ovvero di collaborazione con una delle parti.

3.  Sulla ricusazione decide il collegio al quale appartiene il componente della commissione tributaria ricusato, senza la sua partecipazione e con l’integrazione di altro membro della stessa commissione designato dal suo presidente.


 


Art. 7  Poteri delle commissioni tributarie

In vigore dal 3 dicembre 2005

1.  Le commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all’ ente locale da ciascuna legge d’imposta (20) (21).

2.  Le commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica. I compensi spettanti ai consulenti tecnici non possono eccedere quelli previsti dalla legge 8 luglio 1980, n. 319 , e successive modificazioni e integrazioni.

[3.  È sempre data alle commissioni tributarie facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia. (19) ]

4.  Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale (22) (23) (24).

5.  Le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’ eventuale impugnazione nella diversa sede competente (25) .


(19) Comma abrogato dall’art. 3-bis, comma 5, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.

(20) La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-3 luglio 1998, n. 249 (Gazz. Uff. 8 luglio 1998, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione. Con successiva sentenza 12-21 gennaio 2000, n. 18 (Gazz. Uff. 26 gennaio 2000, n. 4, serie speciale), la stessa Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1 e 4, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, e con ordinanza 8-22 giugno 2000, n. 237 (Gazz. Uff. 28 giugno 2000, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 53, primo comma, e 76 della Costituzione.

(21) La Corte costituzionale, con sentenza 19-29 marzo 2007, n. 109 (Gazz. Uff. 4 aprile 2007, n. 14, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.

(22) La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-3 luglio 1998, n. 249 (Gazz. Uff. 8 luglio 1998, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione. Con successiva sentenza 12-21 gennaio 2000, n. 18 (Gazz. Uff. 26 gennaio 2000, n. 4, serie speciale), la stessa Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1 e 4, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, e con ordinanza 8-22 giugno 2000, n. 237 (Gazz. Uff. 28 giugno 2000, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 53, primo comma, e 76 della Costituzione.

(23) La Corte costituzionale, con ordinanza 29 novembre-2 dicembre 2004, n. 375 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2004, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione.

(24) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 novembre 2007, n. 395 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(25) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 luglio 2001, n. 324 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, sollevata in riferimento all’art. 3 della Cost.

 


Art. 8  Errore sulla norma tributaria

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.   La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce.


 


Art. 9  Organi di assistenza alle commissioni tributarie

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il personale dell’ufficio di segreteria assiste la commissione tributaria secondo le disposizioni del codice di procedura civile concernenti il cancelliere (26) .

2.  Le attività dell’ufficiale giudiziario in udienza sono disimpegnate dal personale ausiliario addetto alla segreteria.


(26)  Comma modificato da errata corrige pubblicata nella G.U. n. 72 del 27 marzo 1993.

 


Capo II

Delle parti e della loro rappresentanza e assistenza in giudizio 

Art. 10  Le parti

In vigore dal 31 maggio 2010

Sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente, l’ufficio del Ministero delle finanze o l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto ovvero, se l’ufficio è un centro di servizio o altre articolazioni dell’Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nell’ambito della dotazione organica prevista a legislazione vigente e anche mediante riorganizzazione, senza oneri aggiuntivi, degli Uffici dell’Agenzia, l’ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. (27)


(27) Comma così modificato dall’art. 28, comma 2, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.

 


Art. 11  Capacità di stare in giudizio

In vigore dal 1 gennaio 2013

1.  Le parti diverse da quelle indicate nei commi 2 e 3 possono stare in giudizio anche mediante procuratore generale o speciale. La procura speciale, se conferita al coniuge e ai parenti o affini entro il quarto grado ai soli fini della partecipazione all’udienza pubblica, può risultare anche da scrittura privata non autenticata.

2.  L’ufficio del Ministero delle finanze nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio direttamente o mediante l’ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso sovraordinata.

3.  L’ente locale nei cui confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio. (28) (30)

3-bis.  Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato davanti alle Commissioni tributarie provinciali. (29)


(28)  Comma sostituito dall’art. 3-bis, comma 1, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 maggio 2005, n. 88.

(29) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 30, L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013.

(30) Vedi, anche, il comma 2 dell’articolo 3-bisD.L. 31 marzo 2005, n. 44.

 


Art. 12  L’assistenza tecnica

In vigore dal 3 dicembre 2005

1.  Le parti, diverse dall’ufficio del Ministero delle finanze o dall’ ente locale nei cui confronti è stato proposto il ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato.

2.  Sono abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali, nonché i consulenti del lavoro purché non dipendenti dall’amministrazione pubblica. Sono altresì abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti edili, i dottori agronomi, gli agrotecnici e i periti agrari, per le materie concernenti l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale e gli spedizionieri doganali per le materie concernenti i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane. In attesa dell’ adeguamento alle direttive comunitarie in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria e del conseguente riordino della materia, sono, altresì, abilitati alla assistenza tecnica, se iscritti in appositi elenchi da tenersi presso le direzioni regionali delle entrate, i soggetti indicati nell’ articolo 63, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l’IVA, l’IRPEF, l’ILOR e l’IRPEG, nonché i dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (C.N.E.L.) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell’articolo 2359 del c.c., primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, rispettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale; con decreto del Ministro delle finanze sono stabilite le modalità per l’ attuazione delle disposizioni del presente periodo (36). Sono inoltre abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti nell’ elenco tenuto dalla Intendenza di finanza competente per territorio, ai sensi dell’ articolo 30, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (31) (33) .

3.  Ai difensori di cui al comma 2 deve essere conferito l’incarico con atto pubblico o con scrittura privata autenticata od anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato. All’udienza pubblica l’incarico può essere conferito oralmente e se ne dà atto a verbale.

4.  L’ ufficio del Ministero delle finanze, nel giudizio di secondo grado, può essere assistito dall’Avvocatura dello Stato.

5.  Le controversie di valore inferiore a 5.000.000 di lire , anche se concernenti atti impositivi dei comuni e degli altri enti locali, nonché i ricorsi di cui all’ art. 10 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, possono essere proposti direttamente dalle parti interessate, che, nei procedimenti relativi, possono stare in giudizio anche senza assistenza tecnica. Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste. Il presidente della commissione o della sezione o il collegio possono tuttavia ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico a un difensore abilitato (32) (34) .

6.  I soggetti in possesso dei requisiti richiesti nel comma 2 possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza di altri difensori (35).


(31)  Comma modificato da errata corrige pubblicata nella G.U. n. 72 del 27 marzo 1993, dall’ art. 69, comma 3, lett. a), D.L. 30 agosto 1993, n. 331 , dall’art. 16-ter, comma 1, D.L. 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2002, n. 16 e, successivamente, dall’art. 3-bis, comma 9, lett. a) e b), D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.

(32)  Comma modificato dall’ art. 12, comma 1, lett. a), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556.

(33) La Corte costituzionale, con ordinanza 14-24 luglio 1998, n. 328 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 3, 33, quinto comma, 4 e 35 della Costituzione.

(34) La Corte costituzionale, con sentenza 7-13 giugno 2000, n. 189 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione.

(35) La stessa Corte, con successiva sentenza 20-23 maggio 2002, n. 208 (Gazz. Uff. 29 maggio 2002, n. 21, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 5-9 maggio 2003, n. 158 (Gazz. Uff. 14 maggio 2003, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione.

(36) Vedi, anche, il D.M. 18 novembre 1996, n. 631.

 


Art. 13  Assistenza tecnica gratuita (37)

In vigore dal 1 gennaio 1010

[1.  E’ assicurata innanzi alle commissioni tributarie ai non abbienti l’assistenza tecnica gratuita, secondo le disposizioni delR.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, e successive modificazioni e integrazioni. L’attività gratuita di assistenza tecnica è obbligatoria per tutti i soggetti indicati nell’ art. 12, comma 2.

2.  E’ costituita presso ogni commissione tributaria la commissione per l’assistenza tecnica gratuita, composta da un presidente di sezione, che la presiede, da un giudice tributario designato dal presidente della commissione, nonché da tre iscritti negli albi o elenchi di cui all’ art. 12, comma 2, designati al principio di ogni anno a turno da ciascun ordine professionale del capoluogo in cui ha sede la commissione e dalla direzione regionale delle entrate. Per ciascun componente è designato anche un membro supplente. Al presidente e ai componenti non spetta alcun compenso. Esercita le funzioni di segretario un funzionario dell’ ufficio di segreteria della commissione tributaria.

3.  Le commissioni per l’assistenza tecnica gratuita si pronunziano in unico grado e i giudici tributari che ne fanno parte hanno l’obbligo di astenersi nei processi riguardanti controversie da loro esaminate quali componenti di tali commissioni.

4.  La sorveglianza di cui all’ art. 4, primo e secondo comma, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282, è esercitata dal presidente della commissione tributaria (38). ]


(37)  Articolo abrogato dall’art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.

(38) Vedi, ora, gli artt. 137138 e 139 del citato D.P.R. n. 115 del 2002.

 


Art. 14  Litisconsorzio ed intervento

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi.

2.  Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1 è ordinata l’integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza.

3.  Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso.

4.  Le parti chiamate si costituiscono in giudizio nelle forme prescritte per la parte resistente, in quanto applicabili.

5.  I soggetti indicati nei commi 1 e 3 intervengono nel processo notificando apposito atto a tutte le parti e costituendosi nelle forme di cui al comma precedente.

6.  Le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonomamente l’atto se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza.


 


Art. 15  Spese del giudizio

In vigore dal 1 gennaio 2013

1.  La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza. La commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’ art. 92, secondo comma, del c.p.c. (40).

2.  I compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica sono liquidati sulla base delle rispettive tariffe professionali.
Agli iscritti negli elenchi di cui all’ 
art. 12, comma 2, si applica la tariffa vigente per i ragionieri.

2-bis.  Nella liquidazione delle spese a favore dell’ ufficio del Ministero delle finanze, se assistito da funzionari dell’amministrazione, e a favore dell’ ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica il decreto previsto dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. (39) (41) 


(39)  Comma aggiunto dall’art. 12, comma 1, lett. b), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556 e, successivamente, così modificato dall’art. 1, comma 32, L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013.

(40) La Corte costituzionale, con sentenza 9-12 marzo 1998, n. 52 (Gazz. Uff. 18 marzo 1998, n. 11, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 1, e 46, comma 3, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta ed, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata. La stessa Corte, con successiva ordinanza 28 ottobre-6 novembre 1998, n. 368 (Gazz. Uff. 11 novembre 1998, n. 45, Serie speciale), con ordinanza 11-18 marzo 1999, n. 77 (Gazz. Uff. 24 marzo 1999, n. 12, Serie speciale), e con ordinanza 11-23 giugno 1999, n. 265 (Gazz. Uff. 30 giugno 1999, n. 26, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113, della Costituzione.

(41) La Corte, con altra ordinanza 27 gennaio – 5 febbraio 2010, n. 37 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2010, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), sollevata in riferimento all’art. 102 della Costituzione. La stessa Corte, con altra ordinanza 7 – 11 maggio 2010, n. 210(Gazz. Uff. 16 giugno 2010, n. 24, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, come modificato dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sollevata in riferimento all’art. 102 della Costituzione.

 


Art. 16  Comunicazioni e notificazioni

In vigore dal 6 luglio 2011

1.  Le comunicazioni sono fatte mediante avviso della segreteria della commissione tributaria consegnato alle parti, che ne rilasciano immediatamente ricevuta, o spedito a mezzo del servizio postale in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’avviso. Le comunicazioni all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale possono essere fatte mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare, uno dei quali, immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta, è restituito alla segreteria della commissione tributaria. La segreteria può anche richiedere la notificazione dell’avviso da parte dell’ufficio giudiziario o del messo comunale nelle forme di cui al comma 2. (42)

1-bis.  Le comunicazioni sono effettuate anche mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. Tra le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le comunicazioni possono essere effettuate ai sensi dell’articolo 76 del medesimo decreto legislativo. L’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o delle parti è indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo. (44) (46)

2.  Le notificazioni sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del c.p.c., salvo quanto disposto dall’ art. 17.

3.  Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’ atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto, ovvero all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia. (43)

4.  L’ ufficio del Ministero delle finanze e l’ ente locale provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria, con l’ osservanza delle disposizioni di cui al comma 2.

5.  Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto (45).


(42) Comma così modificato dall’art. 37, comma 28, lett. a), D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 e, successivamente, dall’ art. 39, comma 8, lett. a), n. 1), D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111.

(43) Comma modificato dall’art. 37, comma 28, lett. b), D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

(44) Comma inserito dall’ art. 39, comma 8, lett. a), n. 2), D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111.

(45) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-21 luglio 2000, n. 329 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, comma 5, 53, comma 2 e 20 comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.

(46) Vedi, anche, il Decreto 26 aprile 2012.

 


Art. 17  Luogo delle comunicazioni e notificazioni

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’ atto della sua costituzione in giudizio. Le variazioni del domicilio o della residenza o della sede hanno effetto dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata notificata alla segreteria della commissione e alle parti costituite la denuncia di variazione.

2.  L’indicazione della residenza o della sede e l’ elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo.

3.  Se mancano l’ elezione di domicilio o la dichiarazione della residenza o della sede nel territorio dello Stato o se per la loro assoluta incertezza la notificazione o la comunicazione degli atti non è possibile, questi sono comunicati o notificati presso la segreteria della commissione (47).


(47) La Corte costituzionale, con ordinanza 13 – 15 novembre 2003, n. 12 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione.

 


Art. 17-bis  Il reclamo e la mediazione (48)

In vigore dal 1 gennaio 2014

1.  Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’articolo 48.

2.  La presentazione del reclamo è condizione di procedibilità del ricorso. In caso di deposito del ricorso prima del decorso del termine di novanta giorni di cui al comma 9, l’Agenzia delle entrate, in sede di rituale costituzione in giudizio, può eccepire l’improcedibilità del ricorso e il presidente, se rileva l’improcedibilità, rinvia la trattazione per consentire la mediazione. (49)

3.  Il valore di cui al comma 1 è determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 12.

4.  Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all’articolo 47-bis.

5.  Il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili.

6.  Per il procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12,18192021 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili.

7.  Il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

8.  L’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all’annullamento totale o parziale dell’atto, nè l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa. L’esito del procedimento rileva anche per i contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi. Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano sanzioni e interessi. Si applicano le disposizioni dell’articolo 48, in quanto compatibili. (50)

9.  Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta data. Ai fini del computo del termine di novanta giorni, si applicano le disposizioni sui termini processuali. (51)

9-bis.  La riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla data dalla quale decorre il termine di cui all’articolo 22, fermo restando che in assenza di mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta. La sospensione non si applica nel caso di improcedibilità di cui al comma 2. (52)

10.  Nelle controversie di cui al comma 1 la parte soccombente è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento disciplinato dal presente articolo. Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria, può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione.


(48) Articolo inserito dall’ art. 39, comma 9, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111; per l’applicazione di tale disposizione, vedi comma 9 del predetto art. 39, D.L. n. 98/2011.

(49) Comma così sostituito dall’art. 1, comma 611, lett. a), n. 1), L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 1, comma 611, lett. b), della medesima L. 147/2013.

(50) Comma così modificato dall’art. 1, comma 611, lett. a), n. 2), L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 1, comma 611, lett. b), della medesima L. 147/2013.

(51) Comma così modificato dall’art. 1, comma 611, lett. a), n. 3), L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 1, comma 611, lett. b), della medesima L. 147/2013.

(52) Comma inserito dall’art. 1, comma 611, lett. a), n. 4), L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 1, comma 611, lett. b), della medesima L. 147/2013.

 


Titolo II

Il processo 

Capo I

Il procedimento dinanzi alla commissione tributaria provinciale 

Sezione I

Introduzione del giudizio 

Art. 18  Il ricorso

In vigore dal 17 settembre 2011

1.  Il processo è introdotto con ricorso alla commissione tributaria provinciale.

2.  Il ricorso deve contenere l’indicazione:

a)  della commissione tributaria cui è diretto;

b)  del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del codice fiscale e dell’indirizzo di posta elettronica certificata; (54)

c)  dell’ufficio del Ministero delle finanze o dell’ ente locale o del concessionario del servizio di riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto;

d)  dell’atto impugnato e dell’ oggetto della domanda;

e)  dei motivi.

3.  Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’ incarico a norma dell’ art. 12, comma 3, salvo che il ricorso non sia sottoscritto personalmente, nel qual caso vale quanto disposto dall’ art. 12, comma 5. La sottoscrizione del difensore o della parte deve essere apposta tanto nell’ originale quanto nelle copie del ricorso destinate alle altre parti, fatto salvo quanto previsto dall’ art. 14, comma 2 (53) (56).

4.  Il ricorso è inammissibile se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di cui al comma 2, ad eccezione di quella relativa al codice fiscale e all’indirizzo di posta elettronica certificata, o non è sottoscritta a norma del comma precedente (55) (57).


(53)  Comma modificato dall’ art. 69, comma 3, lett. c), D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(54) Lettera così modificata dall’art. 2, comma 35-quater, lettera a), D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

(55) Comma così modificato dall’art. 2, comma 35-quater, lettera b), D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

(56) La Corte costituzionale, con sentenza 7-13 giugno 2000, n. 189 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione.

(57) La Corte costituzionale, con sentenza 7-13 giugno 2000, n. 189 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione.

 


Art. 19  Atti impugnabili e oggetto del ricorso

In vigore dal 2 marzo 2012

1.  Il ricorso può essere proposto avverso:

a)  l’avviso di accertamento del tributo;

b)  l’avviso di liquidazione del tributo;

c)  il provvedimento che irroga le sanzioni;

d)  il ruolo e la cartella di pagamento;

e)  l’avviso di mora;

e-bis)  l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; (58) (61)

e-ter)  il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; (58) (60)

f)  gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’ art. 2, comma 2(59)

g)  il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;

h)  il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

i)  ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

2.  Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l’ indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell’ art. 20.

3.  Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’ atto notificato, ne consente l’ impugnazione unitamente a quest’ ultimo (62).


(58) Lettera inserita dall’art. 35, comma 26-quinquies, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

(59) Lettera così modificata dall’art. 12, comma 3, lett. a), D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44.

(60) La Corte costituzionale, con sentenza 11 – 14 gennaio 2010, n. 6 (Gazz. Uff. 20 gennaio 2010, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1, lettera e-ter), lettera introdotta dall’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dallalegge 4 agosto 2006, n. 248, sollevata in riferimento all’art. 102, secondo comma, della Costituzione.

(61) La Corte costituzionale, con ordinanza 27 gennaio – 5 febbraio 2010, n. 37 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2010, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), sollevata in riferimento all’art. 102 della Costituzione.

(62) Vedi, anche, l’art. 39D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall’art. 15D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

 


Art. 20  Proposizione del ricorso

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16 (63).

2.  La spedizione del ricorso a mezzo posta dev’ essere fatta in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento. In tal caso il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate.

3.  Resta fermo quanto disposto dall’ art. 10 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, sui centri di servizio (64).


(63) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-21 luglio 2000, n. 329 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, comma 5, 53, comma 2 e 20 comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.

(64) La Corte costituzionale, con ordinanza 14-24 luglio 1998, n. 336 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degliartt. 20 e 47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 10 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 


Art. 21  Termine per la proposizione del ricorso

In vigore dal 30 agosto 1993

1.  Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo (66).

2.  Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’ articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (65) .


(65)  Comma modificato dall’art. 69, comma 3, lett. d), D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(66) La Corte costituzionale, con sentenza 9-12 marzo 1998, n. 52 (Gazz. Uff. 18 marzo 1998, n. 11, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 1, e 46, comma 3, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta ed, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata. La stessa Corte, con successiva ordinanza 28 ottobre-6 novembre 1998, n. 368 (Gazz. Uff. 11 novembre 1998, n. 45, Serie speciale), con ordinanza 11-18 marzo 1999, n. 77 (Gazz. Uff. 24 marzo 1999, n. 12, Serie speciale), e con ordinanza 11-23 giugno 1999, n. 265 (Gazz. Uff. 30 giugno 1999, n. 26, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113, della Costituzione.

 


Art. 22  Costituzione in giudizio del ricorrente

In vigore dal 17 settembre 2011

1.  Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della commissione tributaria adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l’originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del c.p.c. ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. All’atto della costituzione in giudizio, il ricorrente deve depositare la nota di iscrizione al ruolo, contenente l’indicazione delle parti, del difensore che si costituisce, dell’atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data di notificazione del ricorso (67) (68).

2.  L’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente .

3.  In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l’atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente.

4.  Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in originale o fotocopia.

5.  Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi.


(67) Comma modificato dall’art. 3-bis, comma 6, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248 e successivamente, dall’art. 2, comma 35-quater, lettera c), D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

(68) La Corte costituzionale, con ordinanza 12-15 dicembre 2005, n. 454 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, sollevate in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione.

 


Art. 23  Costituzione in giudizio della parte resistente

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  L’ufficio del Ministero delle finanze, l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione nei cui confronti è stato proposto il ricorso si costituiscono in giudizio entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale.

2.  La costituzione della parte resistente è fatta mediante deposito presso la segreteria della commissione adita del proprio fascicolo contenente le controdeduzioni in tante copie quante sono le parti in giudizio e i documenti offerti in comunicazione.

3.  Nelle controdeduzioni la parte resistente espone le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente e indica le prove di cui intende valersi, proponendo altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ ufficio e instando, se del caso, per la chiamata di terzi in causa (69).


(69) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 144 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, in relazione all’art. 22, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione.

 


Art. 24  Produzione di documenti e motivi aggiunti

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  I documenti devono essere elencati negli atti di parte cui sono allegati ovvero, se prodotti separatamente, in apposita nota sottoscritta da depositare in originale ed in numero di copie in carta semplice pari a quello delle altre parti.

2.  L’integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, è ammessa entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale deposito.

3.  Se è stata già fissata la trattazione della controversia, l’interessato, a pena di inammissibilità, deve dichiarare, non oltre la trattazione in camera di consiglio o la discussione in pubblica udienza, che intende proporre motivi aggiunti. In tal caso la trattazione o l’udienza debbono essere rinviate ad altra data per consentire gli adempimenti di cui al comma seguente.

4.  L’integrazione dei motivi si effettua mediante atto avente i requisiti di cui all’ art. 18 per quanto applicabile. Si applicano l’art. 20, commi 1 e 2, l’art. 22, commi 1, 2, 3 e 5, e l’ art. 23, comma 3.


 


Art. 25  Iscrizione del ricorso nel registro generale. Fascicolo d’ ufficio del processo e fascicoli di parte (71)

In vigore dal 1 luglio 2002

1.  La segreteria della commissione tributaria iscrive il ricorso nel registro generale e forma il fascicolo d’ ufficio del processo, inserendovi i fascicoli del ricorrente e delle altre parti, con gli atti e i documenti prodotti, nonché, successivamente, gli originali dei verbali di udienza, delle ordinanze e dei decreti e copia delle sentenze.

2.  I fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo. Le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio. (70) (72)

3.  La segreteria sottopone al presidente della commissione tributaria il fascicolo del processo appena formato.


(70)  Comma modificato dall’art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.

(71) Per la sostituzione del fascicolo d’ufficio, di cui al presente articolo, con il fascicolo informatico, vedi l’art. 14, comma 3, D.M. 23 dicembre 2013, n. 163.

(72) Vedi, ora, gli artt. 262263 e 264 del D.P.R. n. 115 del 2002. Vedi, inoltre, il D.M. 1° ottobre 1996, con il quale sono state determinate le spese per il rilascio delle copie degli atti e documenti relativi al processo tributario.

 


Art. 26  Assegnazione del ricorso

In vigore dal 15 gennaio 1993

Il presidente della commissione tributaria assegna il ricorso ad una delle sezioni; al di fuori dei casi di cui all’ art. 29, comma 1, il presidente della commissione potrà assumere gli opportuni provvedimenti affinché i ricorsi concernenti identiche questioni di diritto a carattere ripetitivo vengano assegnati alla medesima sezione per essere trattati congiuntamente.


 


Sezione II

L’esame preliminare del ricorso

Art. 27  Esame preliminare del ricorso

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il presidente della sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, esamina preliminarmente il ricorso e ne dichiara l’inammissibilità nei casi espressamente previsti, se manifesta.

2.  Il presidente, ove ne sussistano i presupposti, dichiara inoltre la sospensione, l’interruzione e l’ estinzione del processo.

3.  I provvedimenti di cui ai commi precedenti hanno forma di decreto e sono soggetti a reclamo innanzi alla commissione.


 


Art. 28  Reclamo contro i provvedimenti presidenziali

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Contro i provvedimenti del presidente è ammesso reclamo da notificare alle altre parti costituite nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, entro il termine perentorio di giorni trenta dalla loro comunicazione da parte della segreteria.

2.  Il reclamante, nel termine perentorio di quindici giorni dall’ultima notificazione, a pena d’inammissibilità rilevabile d’ufficio, effettua il deposito secondo quanto disposto dall’ art. 22, comma 1, osservato anche il comma 3 dell’articolo richiamato.

3.  Nei successivi quindici giorni dalla notifica del reclamo le altre parti possono presentare memorie.

4.  Scaduti i termini, la commissione decide immediatamente il reclamo in camera di consiglio.

5.  La commissione pronuncia sentenza se dichiara l’inammissibilità del ricorso o l’ estinzione del processo; negli altri casi pronuncia ordinanza non impugnabile nella quale sono dati i provvedimenti per la prosecuzione del processo.


 


Art. 29  Riunione dei ricorsi

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  In qualunque momento il presidente della sezione dispone con decreto la riunione dei ricorsi assegnati alla sezione da lui presieduta che hanno lo stesso oggetto o sono fra loro connessi.

2.  Se i processi pendono dinanzi a sezioni diverse della stessa commissione il presidente di questa, di ufficio o su istanza di parte o su segnalazione dei presidenti delle sezioni, determina con decreto la sezione davanti alla quale i processi devono proseguire, riservando a tale sezione di provvedere ai sensi del comma precedente.

3.  Il collegio, se rileva che la riunione dei processi connessi ritarda o rende più gravosa la loro trattazione, può, con ordinanza motivata, disporne la separazione.


 


Sezione III

La trattazione della controversia 

Art. 30  Nomina del relatore e fissazione della data di trattazione

In vigore dal 9 novembre 1997

1.  Se non ritiene di adottare preliminarmente i provvedimenti di cui all’ art. 27, il presidente, scaduto in ogni caso il termine per la costituzione delle parti, fissa la trattazione della controversia secondo quanto previsto dagli articoli 33 34 e nomina il relatore.

2.  Almeno una udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali l’ammontare dei tributi accertati e delle conseguenti soprattasse e pene pecuniarie non sia inferiore a cento milioni di lire. Un’altra udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è comunque riservata alla trattazione di controversie nei confronti di società con personalità giuridica, nonché di controversie inerenti l’applicazione dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600(73) 


(73)  Comma sostituito dall’art. 7, comma 2, D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358.

 


Art. 31  Avviso di trattazione

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima .

2.  Uguale avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio.


 


Art. 32  Deposito di documenti e di memorie

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione osservato l’ art. 24, comma 1.

2.  Fino a dieci giorni liberi prima della data di cui al precedente comma ciascuna delle parti può depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti.

3.  Nel solo caso di trattazione della controversia in camera di consiglio sono consentite brevi repliche scritte fino a cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio.


 


Art. 33  Trattazione in camera di consiglio

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La controversia è trattata in camera di consiglio salvo che almeno una delle parti non abbia chiesto la discussione in pubblica udienza, con apposita istanza da depositare nella segreteria e notificare alle altre parti costituite entro il termine di cui all’ art. 32, comma 2 (74).

2.  Il relatore espone al collegio, senza la presenza delle parti, i fatti e le questioni della controversia.

3.  Della trattazione in camera di consiglio è redatto processo verbale dal segretario.


(74) La Corte costituzionale, con sentenza 20-23 aprile 1998, n. 141 (Gazz. Uff. 29 aprile 1998, n. 17, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sollevata in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 53, primo comma, e 101, primo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione, con ordinanza 30 giugno-9 luglio 1998, n. 260 (Gazz. Uff. 15 luglio 1998, n. 28, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

 


Art. 34  Discussione in pubblica udienza

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  All’udienza pubblica il relatore espone al collegio i fatti e le questioni della controversia e quindi il presidente ammette le parti presenti alla discussione.

2.  Dell’udienza è redatto processo verbale dal segretario.

3.  La commissione può disporre il differimento della discussione a udienza fissa, su istanza della parte interessata, quando la sua difesa tempestiva, scritta o orale, è resa particolarmente difficile a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti. Si applica l’ art. 31, comma 2, salvo che il differimento sia disposto in udienza con tutte le parti costituite presenti.


 


Art. 35  Deliberazioni del collegio giudicante

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il collegio giudicante, subito dopo la discussione in pubblica udienza o, se questa non vi è stata, subito dopo l’esposizione del relatore, delibera la decisione in segreto nella camera di consiglio.

2.  Quando ne ricorrono i motivi la deliberazione in camera di consiglio può essere rinviata di non oltre trenta giorni.

3.  Alle deliberazioni del collegio si applicano le disposizioni di cui agli articoli 276 e seguenti del c.p.c. Non sono tuttavia ammesse sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande.


 


Sezione IV

La decisione della controversia

Art. 36  Contenuto della sentenza

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano ed è intestata alla Repubblica italiana.

2.  La sentenza deve contenere:

1)  l’ indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei loro difensori se vi sono;

2)  la concisa esposizione dello svolgimento del processo;

3)  le richieste delle parti;

4)  la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto;

5)  il dispositivo.

3.  La sentenza deve inoltre contenere la data della deliberazione ed è sottoscritta dal presidente e dall’
estensore.


 


Art. 37  Pubblicazione e comunicazione della sentenza

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria della commissione tributaria entro trenta giorni dalla data della deliberazione. Il segretario fa risultare l’avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data.

2.  Il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito di cui al precedente comma.


 


Art. 38  Richiesta di copie e notificazione della sentenza

In vigore dal 26 marzo 2010

1.  Ciascuna parte può richiedere alla segreteria copie autentiche della sentenza e la segreteria è tenuta a rilasciarle entro cinque giorni dalla richiesta, previa corresponsione delle spese. (75) 

2.  Le parti hanno l’onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma dell’articolo 16 depositando, nei successivi trenta giorni, l’originale o copia autentica dell’originale notificato, ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento nella segreteria, che ne rilascia ricevuta e l’inserisce nel fascicolo d’ ufficio. (76) .

3.  Se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’ art. 327, comma 1, del c.p.c. Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’ avviso di fissazione d’udienza.


(75)  Comma modificato dall’art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.

(76) Comma così modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a), D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73.

 


Sezione V

Sospensione, interruzione ed estinzione del processo

Art. 39  Sospensione del processo

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.   Il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio (77) (78).


(77) La Corte costituzionale, con sentenza 23-26 febbraio 1998, n. 31 (Gazz. Uff. 4 marzo 1998, n. 9, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 47, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza prospettare profili nuovi o diversi, con ordinanza 12-16 aprile 1999, n. 136 (Gazz. Uff. 21 aprile 1999, n. 16, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza.

(78) La Corte costituzionale, con ordinanza 18-21 gennaio 1999, n. 8 (Gazz. Uff. 27 gennaio 1999, n. 4, Serie speciale) e conordinanza 11-21 luglio 2000, n. 330 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma e 76 della Costituzione.

 


Art. 40  Interruzione del processo

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il processo è interrotto se, dopo la proposizione del ricorso, si verifica:

a)  il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti, diversa dall’ufficio tributario, o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappresentanza;

b)  la morte, la radiazione o sospensione dall’ albo o dall’elenco di uno dei difensori incaricati ai sensi dell’ art. 12.

2.  L’ interruzione si ha al momento dell’ evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di cui al comma 1, lettera b). In ogni altro caso l’interruzione si ha al momento in cui l’evento è dichiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del difensore della parte a cui l’evento si riferisce.

3.  Se uno degli eventi di cui al comma 1 si avvera dopo l’ ultimo giorno per il deposito di memorie in caso di trattazione della controversia in camera di consiglio o dopo la chiusura della discussione in pubblica udienza, esso non produce effetto a meno che non sia pronunciata sentenza e il processo prosegua davanti al giudice adito.

4.  Se uno degli eventi di cui al comma 1, lettera a), si verifica durante il termine per la proposizione del ricorso il termine è prorogato di sei mesi a decorrere dalla data dell’ evento. Si applica anche a questi termini la sospensione prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742.


 


Art. 41  Provvedimenti sulla sospensione e sull’interruzione del processo

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La sospensione è disposta e l’interruzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla commissione con ordinanza.

2.  Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo ai sensi dell’ art. 28.


 


Art. 42  Effetti della sospensione e dell’interruzione del processo

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Durante la sospensione e l’interruzione non possono essere compiuti atti del processo.

2.  I termini in corso sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla presentazione dell’istanza di cui all’articolo seguente.


 


Art. 43  Ripresa del processo sospeso o interrotto

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Dopo che è cessata la causa che ne ha determinato la sospensione il processo continua se entro sei mesi da tale data viene presentata da una delle parti istanza di trattazione al presidente di sezione della commissione, che provvede a norma dell’ art. 30.

2.  Se entro sei mesi da quando è stata dichiarata l’interruzione del processo la parte colpita dall’evento o i suoi successori o qualsiasi altra parte presentano istanza di trattazione al presidente di sezione della commissione, quest’ultimo provvede a norma del comma precedente.

3.  La comunicazione di cui all’ art. 31, oltre che alle altre parti costituite nei luoghi indicati dall’art. 17, deve essere fatta alla parte colpita dall’evento o ai suoi successori personalmente. Entro un anno dalla morte di una delle parti la comunicazione può essere effettuata agli eredi collettivamente o impersonalmente nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza dichiarata dal defunto risultante dagli atti del processo. La parte colpita dall’ evento o i suoi successori possono costituirsi anche solo presentando documenti o memorie o partecipando alla discussione assistiti, nei casi previsti, da difensore incaricato nelle forme prescritte.


 


Art. 44  Estinzione del processo per rinuncia al ricorso

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il processo si estingue per rinuncia al ricorso.

2.  Il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso accordo fra loro. La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o dalla commissione con ordinanza non impugnabile, che costituisce titolo esecutivo.

3.  La rinuncia non produce effetto se non è accettata dalle parti costituite che abbiano effettivo interesse alla prosecuzione del processo.

4.  La rinuncia e l’accettazione, ove necessaria, sono sottoscritte dalle parti personalmente o da loro procuratori speciali, nonché, se vi sono, dai rispettivi difensori e si depositano nella segreteria della commissione.

5.  Il presidente della sezione o la commissione, se la rinuncia e l’accettazione, ove necessaria, sono regolari, dichiarano l’estinzione del processo. Si applica l’ ultimo comma dell’articolo seguente.


 


Art. 45  Estinzione del processo per inattività delle parti

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo.

2.  Le spese del processo estinto a norma del comma 1 restano a carico delle parti che le hanno anticipate.

3.  L’estinzione del processo per inattività delle parti è rilevata anche d’ ufficio solo nel grado di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti.

4.  L’estinzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla commissione con sentenza. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo alla commissione che provvede a norma dell’ art. 28.


 


Art. 46  Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere.

2.  La cessazione della materia del contendere è dichiarata, salvo quanto diversamente disposto da singole norme di legge, con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell’art. 28.

3.  Le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge. (79) (80)


(79)  La Corte Costituzionale, con sentenza 12 luglio 2005, n. 274, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui si riferisce alle ipotesi di cessazione della materia del contendere diverse dai casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge.

(80) La Corte costituzionale, con sentenza 9-12 marzo 1998, n. 52 (Gazz. Uff. 18 marzo 1998, n. 11, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 1, e 46, comma 3, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta ed, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata. La stessa Corte, con successiva ordinanza 28 ottobre-6 novembre 1998, n. 368 (Gazz. Uff. 11 novembre 1998, n. 45, Serie speciale), con ordinanza 11-18 marzo 1999, n. 77 (Gazz. Uff. 24 marzo 1999, n. 12, Serie speciale), e con ordinanza 11-23 giugno 1999, n. 265 (Gazz. Uff. 30 giugno 1999, n. 26, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113, della Costituzione. La stessa Corte, con ordinanza 23 ottobre-3 novembre 2000, n. 465 (Gazz. Uff. 8 novembre 2000, n. 46, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione dalla Commissione tributaria provinciale di Biella, e in riferimento all’art. 3 della Costituzione dalla commissione tributaria provinciale di Milano. La stessa Corte con altraordinanza 19-28 giugno 2002, n. 303 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 26, serie speciale), ha ancora dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24, 75 e 76 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 13-29 gennaio 2005, n. 68 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, sollevata in riferimento all’art. 111 della Costituzione.

 


Capo II

I procedimenti cautelare e conciliativo (81)

Art. 47  Sospensione dell’ atto impugnato

In vigore dal 13 luglio 2011

1.  Il ricorrente, se dall’atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell’ esecuzione dell’ atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all’ art. 22(82)

2.  Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.

3.  In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del merito, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria sospensione dell’esecuzione fino alla pronuncia del collegio.

4.  Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

5.  La sospensione può anche essere parziale e subordinata alla prestazione di idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa, nei modi e termini indicati nel provvedimento.

5-bis.  L’istanza di sospensione è decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione della stessa. (84)

6.  Nei casi di sospensione dell’atto impugnato la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre novanta giorni dalla pronuncia (85).

7.  Gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado. (83)

8.  In caso di mutamento delle circostanze la commissione su istanza motivata di parte può revocare o modificare il provvedimento cautelare prima della sentenza, osservate per quanto possibile le forme di cui ai commi 1, 2 e 4 (86) (87).


(81) Titolo sostituito dall’art. 12, comma 1, lett. c), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dallaL. 24 ottobre 1996, n. 556. In precedenza il titolo era il seguente: “I procedimenti cautelare e preventivo”.

(82) Il presente comma era stato modificato dall’art. 38, comma 9, lett. a), n. 1), D.L. 31 maggio 2010, n. 78; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 30 luglio 2010, n. 122).

(83) Il presente comma era stato modificato dall’art. 38, comma 9, lett. a), n. 2), D.L. 31 maggio 2010, n. 78; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 30 luglio 2010, n. 122).

(84) Comma aggiunto dall’art. 7, comma 2, lettera gg-novies), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dallaL. 12 luglio 2011, n. 106.

(85) La Corte costituzionale, con sentenza 23-26 febbraio 1998, n. 31 (Gazz. Uff. 4 marzo 1998, n. 9, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 47, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza prospettare profili nuovi o diversi, con ordinanza 12-16 aprile 1999, n. 136 (Gazz. Uff. 21 aprile 1999, n. 16, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza.

(86) La Corte costituzionale, con ordinanza 14-24 luglio 1998, n. 336 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degliartt. 20 e 47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 10 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(87) La Corte costituzionale, con sentenza 25-31 maggio 2000, n. 165 (Gazz. Uff. 7 giugno 2000, n. 24, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 47 e 49, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione, con ordinanza 8-19 giugno 2000, n. 217 (Gazz. Uff. 28 giugno 2000, n. 27, serie speciale), e con ordinanza 12-27 luglio 2001, n. 325 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione.

 


Art. 47-bis  Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato e definizione delle relative controversie (88) (89)

In vigore dal 9 aprile 2008

1.  Qualora sia chiesta in via cautelare la sospensione dell’esecuzione di un atto volto al recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, di seguito denominata: “decisione di recupero”, la Commissione tributaria provinciale può concedere la sospensione dell’efficacia del titolo di pagamento conseguente a detta decisione se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni:

a)  gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, ovvero evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell’aiuto di Stato o evidente errore nel calcolo della somma da recuperare e nei limiti di tale errore;

b)  pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile.

2.  Qualora la sospensione si fondi su motivi attinenti alla illegittimità della decisione di recupero la Commissione tributaria provinciale provvede con separata ordinanza alla sospensione del giudizio e all’immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia delle Comunità europee, con richiesta di trattazione d’urgenza ai sensi dell’articolo 104-ter del regolamento di procedura della Corte di giustizia del 19 giugno 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L 176 del 4 luglio 1991, e successive modificazioni, se ad essa non sia stata già deferita la questione di validità dell’atto comunitario contestato. Non può, in ogni caso, essere accolta l’istanza di sospensione dell’atto impugnato per motivi attinenti alla legittimità della decisione di recupero quando la parte istante, pur avendone facoltà perché individuata o chiaramente individuabile, non abbia proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi dell’articolo 230 del Trattato istitutivo della Comunità europea, e successive modificazioni, ovvero quando, avendo proposto l’impugnazione, non abbia richiesto la sospensione della decisione di recupero ai sensi dell’articolo 242 del Trattato medesimo ovvero l’abbia richiesta e la sospensione non sia stata concessa.

3.  Fermi restando i presupposti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5, 7 e 8 dell’articolo 47; ai fini dell’applicazione del comma 8 rileva anche il mutamento del diritto comunitario.

4.  Le controversie relative agli atti di cui al comma 1 sono definite, nel merito, nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia dell’ordinanza di sospensione di cui al medesimo comma 1. Alla scadenza del termine di sessanta giorni dall’emanazione dell’ordinanza di sospensione, il provvedimento perde comunque efficacia, salvo che la Commissione tributaria provinciale entro il medesimo termine riesamini, su istanza di parte, l’ordinanza di sospensione e ne disponga la conferma, anche parziale, sulla base dei presupposti di cui ai commi 1 e 2, fissando comunque un termine di efficacia, non prorogabile, non superiore a sessanta giorni. Non si applica la disciplina sulla sospensione feriale dei termini. Nel caso di rinvio pregiudiziale il termine di cui al primo periodo è sospeso dal giorno del deposito dell’ordinanza di rinvio e riprende a decorrere dalla data della trasmissione della decisione della Corte di giustizia delle Comunità europee.

5.  Le controversie relative agli atti di cui al comma 1 sono discusse in pubblica udienza e, subito dopo la discussione, il Collegio giudicante delibera la decisione in camera di consiglio. Il Presidente redige e sottoscrive il dispositivo e ne dà lettura in udienza, a pena di nullità.

6.  La sentenza è depositata nella segreteria della Commissione tributaria provinciale entro quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il segretario fa risultare l’avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data e ne dà immediata comunicazione alle parti.

7.  In caso di impugnazione della sentenza pronunciata sul ricorso avverso uno degli atti di cui al comma 1, tutti i termini del giudizio di appello davanti alla Commissione tributaria regionale, ad eccezione di quello stabilito per la proposizione del ricorso, sono ridotti alla metà. Nel processo di appello le controversie relative agli atti di cui al comma 1 hanno priorità assoluta nella trattazione. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 4, terzo e quarto periodo, 5 e 6.


(88) Articolo inserito dall’art. 2, comma 1, D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2008, n. 101. .

(89) Per l’applicazione delle presenti disposizioni, vedi l’art. 61, comma 5, L. 24 dicembre 2012, n. 234.

 


Art. 48  Conciliazione giudiziale (90) (94)

In vigore dal 17 luglio 2011

1.  Ciascuna delle parti con l’istanza prevista dall’articolo 33, può proporre all’altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia. 

2.  La conciliazione può aver luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d’ufficio anche dalla commissione. 

3.  Se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un’unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i 50.000 euro. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata. Per le modalità di versamento si applica l’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 592. Le predette modalità possono essere modificate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro. (91)

3-bis.  In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo. (92)

4.  Qualora una delle parti abbia proposto la conciliazione e la stessa non abbia luogo nel corso della prima udienza, la commissione può assegnare un termine non superiore a sessanta giorni, per la formazione di una proposta ai sensi del comma 5. (96)

5.  L’ufficio può, sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, depositare una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito. Se l’istanza è presentata prima della fissazione della data di trattazione, il presidente della commissione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l’estinzione del giudizio. La proposta di conciliazione ed il decreto tengono luogo del processo verbale di cui al comma 3. Il decreto è comunicato alle parti ed il versamento dell’intero importo o della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data della comunicazione. Nell’ipotesi in cui la conciliazione non sia ritenuta ammissibile il presidente della commissione fissa la trattazione della controversia. Il provvedimento del presidente è depositato in segreteria entro dieci giorni dalla data di presentazione della proposta. 

6.  In caso di avvenuta conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40 per cento delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore al 40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo (93) (95)(97) .


(90)  Articolo sostituito dall’ art. 12, comma 1, lett. d), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556 e, successivamente, dall’art. 14, comma 1, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.

(91)  Comma così modificato dall’art. 1, comma 419, L. 30 dicembre 2004, n. 311, a decorrere dal 1° gennaio 2005, dall’art. 1, comma 127L. 24 dicembre 2007, n. 244, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dall’art. 3, comma 1, lett. b), D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73 e, successivamente, dall’art. 9, comma 6, D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141; vedi, anche l’art. 10 del medesimo D.Lgs. 141/2010. Infine il presente comma è stato così modificato dall’ art. 23, comma 19, lett. a) e b), D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111; vedi, anche, l’ art. 23, comma 20, del medesimo D.L. 98/2011.

(92)  Comma inserito dall’art. 1, comma 419, L. 30 dicembre 2004, n. 311, a decorrere dal 1° gennaio 2005 e, successivamente, così modificato dall’ art. 23, comma 19, lett. c), D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dallaL. 15 luglio 2011, n. 111; vedi, anche, l’ art. 23, comma 20, del medesimo D.L. 98/2011.

(93)  Comma sostituito dall’art. 3, comma 1, D.lgs. 5 giugno 1998, n. 203 e, successivamente, così modificato dall’art. 1, comma 19, L. 13 dicembre 2010, n. 220, a decorrere dal 1° febbraio 2011; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 1, comma 22 della medesima L. 220/2010.

(94) Per la determinazione degli interessi relativi alle somme previste dal presente articolo, vedi l’art. 6, comma 2, lett. e), D.M. 21 maggio 2009.

(95) La Corte costituzionale, con sentenza 12-24 ottobre 2000, n. 433 (Gazz. Uff. 2 novembre 2000, n. 45, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 48, sollevata in riferimento agli artt. 53, 97 e 104 della Cost. Successivamente la stessa Corte, con ordinanza 12-24 ottobre 2000, n. 435 (Gazz. Uff. 2 novembre 2000, n. 45, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 48, in riferimento agli artt. 2, 23 e 53 della Costituzione e dell’art. 48, comma 5, in riferimento agli artt. 23, 97 e 101 della Cost.

(96) La Corte costituzionale, con sentenza 22 – 29 maggio 2013, n. 110 (Gazz. Uff. 5 giugno 2013, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 48, comma 4, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione.

(97) Vedi, anche, l’art. 1, D.Dirig. 31 marzo 2000.

 


Capo III

Le impugnazioni 

Sezione I

Le impugnazioni in generale

Art. 49  Disposizioni generali applicabili

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.   Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., escluso l’ art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto. (98)


(98) La Corte costituzionale, con sentenza 25-31 maggio 2000, n. 165 (Gazz. Uff. 7 giugno 2000, n. 24, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 47 e 49, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione, con ordinanza 8-19 giugno 2000, n. 217 (Gazz. Uff. 28 giugno 2000, n. 27, serie speciale), e con ordinanza 12-27 luglio 2001, n. 325 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione. La stessa Corte, con altraordinanza 20 giugno-3 luglio 2002, n. 310 (Gazz. Uff. 10 luglio 2002, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 49 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 21 marzo-5 aprile 2007, n. 119 (Gazz. Uff. 11 aprile 2007, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 49 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 7 – 10 giugno 2010, n. 201 (Gazz. Uff. 23 giugno 2010, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 111 e 113 della Costituzione, nonché, quale norma interposta all’art. 10, Cost., in riferimento all’art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ed eseguita con legge 4 agosto 1955, n. 848. La stessa Corte, con altra ordinanza 02 – 05 aprile 2012, n. 82 (Gazz. Uff. 2 maggio 2012, n. 18, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, 53, primo comma, 111, primo e secondo comma (entrambi i commi anche in relazione all’art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ed eseguita conlegge 4 agosto 1955, n. 848, a sua volta in relazione all’art. 10 della Costituzione), e 113 della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 02 – 11 luglio 2012, n. 181 (Gazz. Uff. 18 luglio 2012, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 1, sollevata dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 05 – 15 novembre 2012, n. 254 (Gazz. Uff. 21 novembre 2012, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 49, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 111 e 113 della Costituzione, nonché all’art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, quale norma interposta all’art. 10 Cost., dalla Commissione tributaria regionale per la Calabria.

 


Art. 50  I mezzi d’impugnazione (99)

In vigore dal 26 ottobre 1996

I mezzi per impugnare le sentenze delle commissioni tributarie sono l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione.


(99)  Articolo modificato dall’ art. 12, comma 1, lett. d-bis), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dallaL. 24 ottobre 1996, n. 556.

 


Art. 51  Termini d’impugnazione

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Se la legge non dispone diversamente il termine per impugnare la sentenza della commissione tributaria è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte, salvo quanto disposto dall’ art. 38, comma 3.

2.  Nel caso di revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’ art. 395 del c.p.c. il termine di sessanta giorni decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o sono state dichiarate false le prove o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza che accerta il dolo del giudice.


 


Sezione II

Il giudizio di appello davanti alla commissione tributaria regionale

Art. 52  Giudice competente e legittimazione ad appellare

In vigore dal 26 marzo 2010

1.  La sentenza della commissione provinciale può essere appellata alla commissione regionale competente a norma dell’ art. 4, comma 2.

[2.  Gli uffici periferici del Dipartimento delle entrate devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’ appello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione regionale delle entrate; gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’ appello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio. (100) ]


(100) Comma abrogato dall’art. 3, comma 1, lett. c), D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73.

 


Art. 53  Forma dell’appello

In vigore dal 3 dicembre 2005

1.  Il ricorso in appello contiene l’indicazione della commissione tributaria a cui è diretto, dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi della sentenza impugnata, l’esposizione sommaria dei fatti, l’oggetto della domanda ed i motivi specifici dell’impugnazione. Il ricorso in appello è inammissibile se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi sopra indicati o se non è sottoscritto a norma dell’ art. 18, comma 3.

2.  Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’ art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell’ art. 22, commi 1, 2 e 3. Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata. (101) (102)

3.  Subito dopo il deposito del ricorso in appello, la segreteria della commissione tributaria regionale chiede alla segreteria della commissione provinciale la trasmissione del fascicolo del processo, che deve contenere copia autentica della sentenza.


(101) Comma modificato dall’art. 3-bis, comma 7, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248.

(102) La Corte costituzionale, con ordinanza 11-21 luglio 2000, n. 329 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, comma 5, 53, comma 2 e 20 comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 16 – 26 novembre 2009, n. 311 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 49, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, secondo periodo, periodo introdotto dal comma 7 dell’art. 3-bis deldecreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell’art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del citato secondo periodo del comma 2 dell’art. 53, periodo introdotto dal comma 7 dell’art. 3-bis del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell’art. 1 della legge n. 248 del 2005, sollevate in riferimento all’art. 3 Cost. La stessa Corte, con ordinanza 8 – 11 febbraio 2010, n. 43 (Gazz. Uff. 17 febbraio 2010, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, secondo periodo, – periodo introdotto dal comma 7 dell’art. 3-bisdel decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell’art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248 – sollevate in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte, con altra sentenza 12 – 20 gennaio 2011, n. 17 (Gazz. Uff. 26 gennaio 2011, n. 4, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 53, comma 2, secondo periodo, aggiunto dall’articolo 3-bis, comma 7, deldecreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevata in riferimento all’articolo 2 della Costituzione; ha dichiarato inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 53, comma 2, secondo periodo, aggiunto dall’art. 3-bis, comma 7, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 248 del 2005, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La stessa Corte, con altra ordinanza 06 – 15 aprile 2011, n. 141 (Gazz. Uff. 20 aprile 2011, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 53, comma 2, secondo periodo, periodo introdotto dall’art. 3-bis, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, sollevate in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.

 


Art. 54  Controdeduzioni dell’appellato e appello incidentale

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Le parti diverse dall’appellante debbono costituirsi nei modi e termini di cui all’ art. 23 depositando apposito atto di controdeduzioni.

2.  Nello stesso atto depositato nei modi e termini di cui al precedente comma può essere proposto, a pena d’inammissibilità, appello incidentale.


 


Art. 55  Provvedimenti presidenziali

In vigore dal 15 gennaio 1993

Il presidente e i presidenti di sezione della commissione tributaria regionale hanno poteri corrispondenti a quelli del presidente e dei presidenti di sezione della commissione tributaria provinciale.


 


Art. 56  Questioni ed eccezioni non riproposte

In vigore dal 15 gennaio 1993

Le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, s’ intendono rinunciate.


 


Art. 57  Domande ed eccezioni nuove

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Nel giudizio d’ appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata.

2.  Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio.


 


Art. 58  Nuove prove in appello

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Il giudice d’appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile.

2.  E’ fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti.


 


Art. 59  Rimessione alla commissione provinciale (103)

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  La commissione tributaria regionale rimette la causa alla commissione provinciale che ha emesso la sentenza impugnata nei seguenti casi:

a)  quando dichiara la competenza declinata o la giurisdizione negata dal primo giudice;

b)  quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato;

c)  quando riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il processo in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale;

d)  quando riconosce che il collegio della commissione tributaria provinciale non era legittimamente composto;

e)  quando manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado.

2.  Al di fuori dei casi previsti al comma precedente la commissione tributaria regionale decide nel merito previamente ordinando, ove occorra, la rinnovazione di atti nulli compiuti in primo grado.

3.  Dopo che la sentenza di rimessione della causa al primo grado è formalmente passata in giudicato, la segreteria della commissione tributaria regionale, nei successivi trenta giorni, trasmette d’ufficio il fascicolo del processo alla segreteria della commissione tributaria provinciale, senza necessità di riassunzione ad istanza di parte.


(103) La Corte costituzionale, con ordinanza 19 – 27 giugno 2013, n. 166 (Gazz. Uff. 3 luglio 2013, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 59, promossa in riferimento all’art. 24 della Costituzione.

 


Art. 60  Non riproponibilità dell’ appello dichiarato inammissibile

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  L’appello dichiarato inammissibile non può essere riproposto anche se non è decorso il termine stabilito dalla legge.


 


Art. 61  Norme applicabili

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Nel procedimento d’appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione.


 


Sezione III

Il ricorso per cassazione 

Art. 62  Norme applicabili

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Avverso la sentenza della commissione tributaria regionale può essere proposto ricorso per cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell’ art. 360, comma 1, del c.p.c..

2.  Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal c.p.c. in quanto compatibili con quelle del presente decreto.


 


Art. 63  Giudizio di rinvio

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Quando la Corte di cassazione rinvia la causa alla commissione tributaria provinciale o regionale la riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente entro il termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili.

2.  Se la riassunzione non avviene entro il termine di cui al comma precedente o si avvera successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio l’intero processo si estingue.

3.  In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti alla commissione tributaria a cui il processo è stato rinviato. In ogni caso, a pena d’inammissibilità, deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.

4.  Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui è stata pronunciata la sentenza cassata e non possono formulare richieste diverse da quelle prese in tale procedimento, salvi gli adeguamenti imposti dalla sentenza di cassazione.

5.  Subito dopo il deposito dell’atto di riassunzione, la segreteria della commissione adita richiede alla cancelleria della Corte di cassazione la trasmissione del fascicolo del processo.


 


Sezione IV

La revocazione 

Art. 64  Sentenze revocabili e motivi di revocazione

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’ art. 395 del c.p.c.

2.  Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’ appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’ art. 395 del c.p.c. purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al numero 6 dell’ art. 395 del c.p.c. siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.

3.  Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il termine per l’appello il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i sessanta giorni da esso.


 


Art. 65  Proposizione della impugnazione

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Competente per la revocazione è la stessa commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata.

2.  A pena di inammissibilità il ricorso deve contenere gli elementi previsti dall’ art. 53, comma 1, e la specifica indicazione del motivo di revocazione e della prova dei fatti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’ art. 395 del c.p.c. nonché del giorno della scoperta o della falsità dichiarata o del recupero del documento. La prova della sentenza passata in giudicato che accerta il dolo del giudice deve essere data mediante la sua produzione in copia autentica.

3.  Il ricorso per revocazione è proposto e depositato a norma dell’art. 53, comma 2.


 


Art. 66  Procedimento

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Davanti alla commissione tributaria adita per la revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti ad essa in quanto non derogate da quelle della presente sezione.


 


Art. 67  Decisione

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Ove ricorrano i motivi di cui all’ art. 395 del c.p.c. la commissione tributaria decide il merito della causa e detta ogni altro provvedimento conseguenziale.

2.  Contro la sentenza che decide il giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi d’ impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.


 


Capo IV

L’ esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie 

Art. 68  Pagamento del tributo in pendenza del processo (104)

In vigore dal 1 aprile 1998

1.  Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:

a)  per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;

b)  per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;

c)  per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.

Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.

2.  Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.

3.  Le imposte suppletive debbono essere corrisposte dopo l’ ultima sentenza non impugnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione. (105) (106) 


(104)  Rubrica modificata dall‘art. 29, comma 1, lett.d), D.Lgs.18 dicembre 1997, n. 472, a decorrere dal 1° aprile 1998.

(105)  Comma modificato dall’art. 29, comma 1, lett.d), D.Lgs.18 dicembre 1997, n. 472, a decorrere dal 1° aprile 1998.

(106) Sull’applicabilità delle disposizioni nel presente articolo vedi il comma 2 dell’art. 3D.L. 25 marzo 2010, n. 40.

 


Art. 69  Condanna dell’ ufficio al rimborso

In vigore dal 26 agosto 1996

1.  Se la commissione condanna l’ufficio del Ministero delle finanze o l’ ente locale o il concessionario del servizio di riscossione al pagamento di somme, comprese le spese di giudizio liquidate ai sensi dell’ articolo 15 e la relativa sentenza è passata in giudicato, la segreteria ne rilascia copia spedita in forma esecutiva a norma dell’ art. 475 del c.p.c., applicando per le spese l’art. 25, comma 2 (107) .


(107)  Comma modificato dall’art. 12, comma 1, lett. f), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556.

 


Art. 69-bis  Aggiornamento degli atti catastali (108)

In vigore dal 2 marzo 2012

1. Se la commissione tributaria accoglie totalmente o parzialmente il ricorso proposto avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’articolo 2, comma 2, e la relativa sentenza è passata in giudicato, la segreteria ne rilascia copia munita dell’attestazione di passaggio in giudicato, sulla base della quale l’ufficio dell’Agenzia del territorio provvede all’aggiornamento degli atti catastali.


(108) Articolo inserito dall’art. 12, comma 3, lett. b), D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44.

 


Art. 70  Giudizio di ottemperanza

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per l’ esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo, la parte che vi ha interesse, può richiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza della commissione tributaria passata in giudicato mediante ricorso da depositare in doppio originale alla segreteria della commissione tributaria provinciale, qualora la sentenza passata in giudicato sia stata da essa pronunciata, e in ogni altro caso alla segreteria della commissione tributaria regionale.

2.  Il ricorso è proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento dall’ufficio del Ministero delle finanze o dall’ente locale dell’ obbligo posto a carico della sentenza o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario e fino a quando l’obbligo non sia estinto.

3.  Il ricorso indirizzato al presidente della commissione deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di inammissibilità, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, che deve essere prodotta in copia unitamente all’ originale o copia autentica dell’ atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario.

4.  Uno dei due originali del ricorso è comunicato a cura della segreteria della commissione all’ufficio del Ministero delle finanze o all’ente locale obbligato a provvedere.

5.  Entro venti giorni dalla comunicazione l’ufficio del Ministero delle finanze o l’ente locale può trasmettere le proprie osservazioni alla commissione tributaria, allegando la documentazione dell’ eventuale adempimento.

6.  Il presidente della commissione tributaria, scaduto il termine di cui al comma precedente, assegna il ricorso alla sezione che ha pronunciato la sentenza. Il presidente della sezione fissa il giorno per la trattazione del ricorso in camera di consiglio non oltre novanta giorni dal deposito del ricorso e ne viene data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima a cura della segreteria.

7.  Il collegio, sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio del Ministero delle finanze o dell’ente locale che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione. Il collegio, se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi e determina il compenso a lui spettante secondo le disposizioni della legge 8 luglio 1980, n. 319 , e successive modificazioni e integrazioni.

8.  Il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui al comma precedente e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato, dichiara chiuso il procedimento con ordinanza.

9.  Tutti i provvedimenti di cui al presente articolo sono immediatamente esecutivi.

10.  Contro la sentenza di cui al comma 7 è ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosservanza delle norme sul procedimento (109).


(109) La Corte costituzionale, con ordinanza 29-30 luglio 2008, n. 316 (Gazz. Uff. 6 agosto 2008, n. 33, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 70, sollevata in riferimento all’art. 76 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 70 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

 


Titolo III

Disposizioni finali e transitorie 

Art. 71  Norme abrogate

In vigore dal 26 ottobre 1996

1.  Sono abrogati l’ art. 288 del testo unico per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, l’ articolo 1 e gli articoli da 15 a45 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 e successive modificazioni e integrazioni, l’ art. 19, commi 4 e 5, e l’ art. 20 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, l’art. 24 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, gli articoli 63, comma 5, e 68, comma 3, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, l’ art. 4, comma 8, del D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito nella legge 24 aprile 1989, n. 144(110) 

2.  E’ inoltre abrogata ogni altra norma di legge non compatibile con le disposizioni del presente decreto.


(110)  Comma modificato dall’art. 12, comma 1, lett. h), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dallaL. 24 ottobre 1996, n. 556.

 


Art. 72  Controversie pendenti davanti alle commissioni tributarie di primo e di secondo grado

In vigore dal 15 maggio 1998

1.  Le controversie pendenti dinanzi alle commissioni tributarie di primo e di secondo grado previste dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, alla data d’ insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali, sono ad esse rispettivamente attribuite, tenuto conto, quanto alla competenza territoriale, delle rispettive sedi. La segreteria della commissione tributaria provinciale o regionale dà comunicazione alle parti della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima. La consegna o spedizione del ricorso o dell’atto di appello, ai sensi degli articoli 17, comma primo, e22, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, equivale a costituzione in giudizio del ricorrente ai sensi degli articoli 22 e53, comma 2. La parte resistente può effettuare la costituzione in giudizio entro il termine di cui all’ articolo 32, comma 1. (111) 

1-bis.  In deroga alle disposizioni del presente decreto, le controversie previste dal comma 1, pendenti alla data ivi indicata dinanzi alle commissioni tributarie di primo grado ed il cui valore, determinato ai sensi dell’articolo 12, comma 5, sia inferiore a cinque milioni di lire, sono trattate e decise in pubblica udienza da un giudice singolo, nominato per ciascun ricorso, ai sensi dell’articolo 30, comma 1, dal presidente della sezione alla quale il ricorso medesimo è stato assegnato. Il presidente, se non intende designare se stesso, può nominare giudice unico il vicepresidente od un componente della sezione appartenente ad una delle categorie di cui all‘articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, ovvero che sia in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio ed abbia un’anzianità di servizio presso le commissioni tributarie di almeno dieci anni. Per la trattazione della controversia si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni delle sezioni III e IV del Capo I del Titolo II del presente decreto, ad eccezione dell’articolo 33, intendendosi sostituito in ogni caso il giudice singolo al relatore e al collegio. Restano ferme tutte le altre disposizioni del presente decreto, comprese, con la medesima sostituzione, quelle del Capo II del Titolo II. Il tentativo di conciliazione, di cui all’articolo 48, comma 2, è obbligatorio se all’udienza sono presenti entrambe le parti. Le controversie di cui al presente comma sono trattate dal giudice singolo in udienze distinte da quelle collegiali (112) .

2.  Se alla data indicata al comma 1 pendono termini per la proposizione di ricorsi secondo le norme previgenti, detti ricorsi sono proposti alle commissioni tributarie provinciali entro i termini previsti dal presente decreto, che decorrono dalla suddetta data. Se alla data indicata al comma 1 pendono termini per impugnare decisioni delle commissioni tributarie di primo grado, dette impugnazioni sono proposte secondo le modalità e i termini previsti dal presente decreto, che decorrono dalla suddetta data. (113) (117) (115) .

3.  Se i termini per il compimento di atti processuali diversi dai ricorsi secondo le norme vigenti, alla data di cui ai commi 1 e 2, sono ancora pendenti, tali atti possono essere compiuti nei termini previsti dal presente decreto, che decorrono dalla suddetta data.

4.  Le segreterie delle commissioni tributarie di primo e di secondo grado indicate nel comma 1 provvedono a trasmettere i fascicoli relativi alle controversie pendenti alle segreterie delle commissioni provinciale o regionale rispettivamente competenti.

5.  Le segreterie delle commissioni tributarie di primo e di secondo grado indicate nel comma 1 continuano a funzionare, solo per gli adempimenti di cui al comma 4, anche oltre la data indicata nel comma 1 (114) (116) .


(111)  Comma modificato dall’ art. 12, comma 1, lett. g), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dallaL. 24 ottobre 1996, n. 556.

(112)  Comma inserito dall‘art. 32, comma 2, L. 8 maggio 1998, n. 146.

(113)  Comma modificato dall’art. 69, comma 3, lett. e), D.L. 30 agosto 1993, n. 331 e, successivamente, sostituito dall’ art. 12, comma 1, lett. i), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556.

(114)  Comma modificato da avviso di rettifica, pubblicato nella G.U. n. 72 del 27 marzo 1993.

(115) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 1995, n. 91 (Gazz. Uff. 22 marzo 1995, n. 12, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 72, secondo comma, ultimo inciso, sollevata in riferimento all’art. 76 della Costituzione.

(116) La Corte costituzionale, con ordinanza 17-24 giugno 1997, n. 201 (Gazz. Uff. 2 luglio 1997, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 72, sollevata in riferimento agli artt. 24, 25, primo comma, 97 e 101 della Costituzione.

(117) Vedi, anche, l’art. 1-bisD.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 


Art. 73 (118)  Istanza di trattazione

In vigore dal 30 agosto 1993

[1.  Il ricorrente e qualsiasi altra parte nelle controversie pendenti davanti alle commissioni tributarie di primo e di secondo grado sono tenuti a presentare entro sei mesi dalla data di cui all’art. 72 apposita istanza di trattazione alla segreteria delle commissioni tributarie provinciale o regionale competenti.

2.  L’istanza di trattazione sottoscritta dalla parte o dal suo precedente difensore, se nominato, deve contenere gli estremi della controversia e del procedimento a cui si riferisce e deve essere notificata, spedita o consegnata alla segreteria a norma dell’art. 20.

3.  Se nel termine di cui al comma 1 nessuna delle parti ha notificato, spedito o consegnato l’istanza di trattazione nelle forme indicate al comma precedente, il processo di primo grado o quello d’appello, a seconda dei casi, è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione, di cui viene data comunicazione alle parti a cura della segreteria.

4.  Contro il decreto di cui al comma precedente è ammesso reclamo al collegio nei modi e termini previsti dall’art. 28 . ]


(118)  Articolo abrogato dall’ art. 69, comma 3, lett. f), D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

 


Art. 74  Controversie pendenti davanti alla corte di appello (119)

In vigore dal 30 agosto 1993

Alle controversie, che alla data di cui all’ articolo 72 pendono davanti alla corte di appello o per le quali pende il termine per l’impugnativa davanti allo stesso organo, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nelD.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e successive modificazioni e integrazioni.


(119)  Articolo sostituito dall’art. 69, comma 3, lett. g), D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

 


Art. 75  Controversie pendenti davanti alla Commissione tributaria centrale

In vigore dal 16 maggio 1996

1.  Alle controversie che alla data di cui all’ art. 72 pendono davanti alla commissione tributaria centrale o per le quali pende il termine per l’impugnativa davanti allo stesso organo, nonché alle controversie pendenti dinanzi alle commissioni di secondo grado per le quali, alla predetta data, è stato depositato il solo dispositivo della decisione, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e successive modificazioni e integrazioni (120) .

2.  Relativamente alle controversie pendenti o per le quali pende il termine alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo il ricorrente e qualsiasi altra parte sono tenuti, entro sei mesi dalla predetta data, a proporre alla segreteria della commissione tributaria centrale apposita istanza di trattazione contenente gli estremi della controversia e del procedimento. L’istanza potrà essere sottoscritta dalla parte o dal suo precedente difensore, se nominato, e deve essere notificata o spedita o consegnata alla segreteria della commissione tributaria centrale nei modi previsti dall’ art. 20; in difetto, il giudizio davanti alla commissione tributaria centrale si estingue (125). L’estinzione è dichiarata dal presidente della sezione, dopo aver verificato che non sia stata depositata in segreteria l’ istanza di trasmissione del fascicolo alla cancelleria della corte di cassazione a seguito della richiesta di esame a norma del comma seguente. Contro il decreto del Presidente, di cui viene data comunicazione alle parti, è ammesso reclamo al collegio nei modi e nei termini previsti dall’ art. 28 (121) (122) .

3.  Le parti che hanno proposto ricorso alla Commissione centrale, anziché presentare l’istanza di trattazione di cui al comma precedente, possono chiedere nello stesso termine l’ esame da parte della Corte di cassazione ai sensi dell’ art. 360 del c.p.c. convertendo il ricorso alla Commissione tributaria centrale in ricorso per cassazione contro la decisione impugnata, osservate per il resto tutte le norme del c.p.c. per il procedimento davanti alla Corte di cassazione.

4.  Se non è stato richiesto l’ esame da parte della Corte di cassazione e l’istanza di trattazione è presentata nei termini, il procedimento prosegue davanti alla Commissione tributaria centrale, che provvede alla sua definizione mediante deposito della decisione entro i termini di cui all’ articolo 42, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 applicando le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le stesse disposizioni si applicano per i ricorsi presentati alla Commissione tributaria centrale successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto (123) .

[5.  In caso di rinvio disposto dalla Commissione tributaria centrale la riassunzione deve essere fatta davanti alla commissione tributaria regionale o provinciale secondo le nuove disposizioni (124) ]

6.  La segreteria della Commissione tributaria centrale continua a funzionare anche oltre il termine di cui al comma 4 per trasmettere i fascicoli dei processi alla cancelleria della Corte di cassazione o alle commissioni tributarie regionale o provinciale.


(120)  Comma sostituito dall’ art. 69, comma 3, lett. h), numero 1, D.L. 30 agosto 1993, n. 331 e, successivamente, modificato dall’art. 12, comma 1, lett. l), D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556.

(121)  Comma sostituito dall’art. 69, comma 3, lett. h), numero 1, D.L. 30 agosto 1993, n. 331 e, successivamente, modificato dall’art. 1, D.L. 26 novembre 1993, n. 477.

(122)  La Corte costituzionale, consentenza del 16 aprile 1998, n. 111, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, secondo periodo, nella parte in cui non prevede che il termine per l’istanza di trattazione decorra dalla data della ricezione dell’avviso dell’onere di proposizione dell’istanza stessa.

(123)  Comma modificato dall‘art. 69, comma 3, lett. h), numero 2, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(124)  Comma abrogato dall’art. 69, comma 3, lett. h), numero 3, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(125) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 317 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 75, comma 2, secondo periodo, come modificato dall’art. 69, comma 3, lett. h), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 


Art. 76  Controversie in sede di rinvio

In vigore dal 30 agosto 1993

1.  Se alla data prevista dall’ art. 72, a seguito di sentenza della Corte di cassazione o di corte d’appello o a seguito di decisione della Commissione tributaria centrale pendono i termini per la riassunzione del procedimento di rinvio davanti alle commissioni tributarie di primo o di secondo grado, detti termini decorrono da tale data e la riassunzione va fatta davanti alla commissione tributaria provinciale o regionale competente.

2.  Il termine per la riassunzione davanti alla corte d’appello non subisce modifiche.

3.  Se alla data prevista all’ art. 72, a seguito di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, pende il termine per la riassunzione davanti alla Commissione tributaria centrale, detto termine decorre da tale data e la riassunzione va fatta davanti alla commissione tributaria regionale competente.

4.  Se la riassunzione non avviene nei termini, o si avvera successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue (126) .

5.  Se alla data indicata nei commi precedenti pendono i giudizi di rinvio davanti alla commissione tributaria di primo o di secondo grado si applicano le disposizioni di cui all’ art. 72, comma 4(126) 


(126)  Comma modificato dall’art. 69, comma 3, lett. i), D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

 


Art. 77  Procedimento contenzioso amministrativo davanti all’intendenza di finanza o al Ministero delle finanze

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Le controversie relative ai tributi comunali e locali indicati nell’ art. 2, lettera h), per le quali era previsto il ricorso all’ intendente di finanza o al Ministro delle finanze, se non ancora definite alla data di insediamento delle nuove commissioni, continuano ad essere decise in sede amministrativa dai suddetti organi secondo le relative disposizioni, ancorché abrogate ai sensi dell’ art. 71.


 


Art. 78  Controversie già di competenza delle commissioni comunali per i tributi locali

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Le controversie già di competenza in primo grado delle commissioni comunali per i tributi locali, se alla data d’insediamento delle nuove commissioni pendono davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, i relativi giudizi proseguono in questa sede.

2.  Le controversie di cui al comma 1, che alla data indicata non pendono davanti all’autorità giudiziaria ordinaria e non sono già state definite, qualunque sia il grado in cui si trovavano al momento della sentenza della Corte costituzionale 27 luglio 1989, n. 451 (127) , debbono essere riattivate da parte degli enti impositori interessati mediante trasmissione dei relativi atti e documenti alla commissione tributaria provinciale competente entro il termine di mesi sei dalla data anzidetta; altrimenti ogni pretesa dell’ ente impositore s’ intende definitivamente abbandonata.


(127)  La Corte costituzionale, con sentenza n. 451 del 27 luglio 1989, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 283, R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, riguardante la composizione delle Sezione speciale della Giunta provinciale amministrativa per i tributi locali, per mancanza dei requisiti di indipendenza e imparzialità.

 


Art. 79  Norme transitorie

In vigore dal 15 gennaio 1993

1.  Le disposizioni di cui agli articoli57, comma 2, e 58, comma 1, non si applicano ai giudizi già pendenti in grado d’appello davanti alla commissione tributaria di secondo grado e a quelli iniziati davanti alla commissione tributaria regionale se il primo grado si è svolto sotto la disciplina della legge anteriore (128).

2.  Nei giudizi davanti alla commissione tributaria provinciale o regionale riguardanti controversie già pendenti davanti ad altri organi giurisdizionali o amministrativi la regolarizzazione della costituzione delle parti secondo le nuove norme sulla assistenza tecnica è disposta, ove necessario, secondo le modalità e nel termine perentorio fissato dal presidente della sezione o dal collegio rispettivamente con decreto o con ordinanza da comunicare alle parti a cura della segreteria.


(128) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 400 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1, in relazione all’art. 30, comma 1, lettera u), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 sollevata in riferimento all’art. 76 della Costituzione.

 


Art. 80  Entrata in vigore

In vigore dal 30 agosto 1993

1.  Il presente decreto entra in vigore il 15 gennaio 1993.

2.  Le disposizioni del presente decreto hanno effetto dalla data di insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali (129) (130) .


(129)  Comma modificato dall’art. 69, comma 3, lett. l), D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(130) La Corte costituzionale con ordinanza 12-21 luglio 1995, n. 351 (Gazz. Uff. 9 agosto 1995, n. 33, Serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 2, nel testo modificato dall’art. 69 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, sollevata in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione.