Pratiche commerciali scorrette: la tutela delle microimprese

Nelle operazioni commerciali, capita spesso che vengano ad incontrarsi individui che nella stipula di un negozio presentano un potere contrattuale differente, al punto che una delle parti è in grado di apporre clausole a lei più favorevoli. Il classico esempio è quello che ricorre nei contratti B2C (Business to Consumer), cioè contratti tra professionista e consumatore. Tuttavia, esistono casi in cui, pur essendo entrambi i contraenti professionisti (contratti B2B o Business to Business), uno dei due presenta un potere contrattuale di molto inferiore all’altro. Questa situazione ha portato all’estensione della tutela, prevista dal codice del consumo contro le pratiche commerciali scorrette poste in essere dal contraente forte, che fino ad ora era concessa solo al consumatore, anche alla figura delle c.d. Microimprese.

Giustizia

Partiamo da alcune nozioni fondamentali per meglio individuare questi soggetti. Per “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori” si intende: “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori” (D. Lgs. 2 agosto 2007, n. 146, art. 18, lett. d).

Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.” (D. Lgs. 2 agosto 2007, n. 146, art. 20, comma 2).

Il Codice del Consumo agli artt. 20 e seguenti contiene una precisa elencazione di quali pratiche sono da considerarsi scorrette, assieme all’espresso divieto di porle in essere. Queste pratiche sono principalmente di due tipi:

  • Pratiche Ingannevoli (artt. 21, 22, 23 del Codice del Consumo)

  • Pratiche Aggressive (artt. 24, 25, 26 del Codice del Consumo)

Prima del decreto legge n. 1/2012 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” convertito in legge n. 27/2012 con modifiche) le pratiche commerciali scorrette erano vietate solo nei rapporti tra “professionisti” e “consumatori”.

L’art. 18 del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), come modificato dalla L. 24 marzo 2007, n. 27 di conversione del D.L. n.1/2012, contiene la definizione di microimpresa, inserendo tra i soggetti tutelati quelli con:

  • organico medio occupato annualmente inferiore alle 10 persone;

  • fatturato annuo o totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

Rientrano nella definizione di microimprese quelle attività di natura economica, esercitate anche a titolo individuale o familiare in qualunque forma giuridica, che rispettino entrambi i requisiti; in tal modo si può usufruire di quasi tutte le disposizioni poste a tutela dei consumatori che abbiano rapporti con professionisti intenti ad utilizzare pratiche commerciali scorrette.

Adesso la microimpresa può scegliere se rivolgersi al giudice ordinario per il risarcimento del danno, o inviare una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, pur non avendo ripercussioni immediate nel caso concreto, può comportare una sanzione anche molto elevata per le imprese o i professionisti che adottano una condotta scorretta.

In occasione dell’evento fieristico EXPO 2015 ospitato a Milano, molti partecipanti alla fiera hanno firmato contratti con una particolare società, chiamata EXPO-Guide, che forniva un servizio di iscrizione in database online a fine pubblicitario per le imprese partecipanti alla fiera. Fino a questo punto nulla di strano, se non fosse per il fatto che il servizio di pubblicizzazione non era stato richiesto dagli imprenditori, ma fornito dietro la stipula di “contratti” nei quali la tipologia del servizio e l’onerosità dello stesso venivano lasciati in secondo piano, comportando un errato convincimento in tutti coloro che hanno firmato.

La EXPO-Guide è già da tempo nota dall’Antitrust che con diversi provvedimenti ha dapprima richiamato la società che inviava insistentemente pubblicità ingannevole via mail (AGCM – Provv. 22583/2011) e successivamente sanzionata per aver reiterato i comportamenti scorretti (AGCM – Provv. 24788/2014; Provv. 25557/2015).

Avendo la EXPO-Guide sede legale in Messico, è teoricamente possibile che essa inizi un procedimento legale nel foro messicano, al fine di ottenere una condanna giudiziale sulla cui eseguibilità in talia sussisottenendo forti dubbi.

Nel caso in cui sia stato firmato un contratto con detta società od altre che operano nello stesso modo, tratti in inganno dalla formulazione del contratto e dalla grafica del medesimo, il suggerimento è quello di rivolgersi ad un legale di fiducia che possa assisterVi nella soluzione della controversia. Chiaramente, qualora l’importo venisse spontaneamente pagato alla società in questione, esso non potrà essere recuperato e dovrà essere considerato definitivamente “perso”.

Ferma restando la scelta che ricadrà esclusivamente sul lettore o sul legale incaricato, il suggerimento che può essere dato in questa sede è quello di non pagare l’importo richiesto da questo genere di società e rivolgersi immediatamente ad un avvocato per analizzare la situazione da un punto di vista prettamente tecnico e decidere il da farsi.

(leggi qui – Disclaimer)