La trascrizione dei contratti di affitto di immobili di durata ultranovennale

Art.41 Legge 203/1982: “I contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi”

 A norma dell’art.2643 n.8 c.c., ogni contratto di locazione di beni immobili di durata superiore ai nove anni, deve essere trascritto, ovverosia deve esserne data nota nei registri immobiliari tenuti presso la conservatoria territorialmente competente.

Tale adempimento ha lo scopo di dare pubblicità, cioè rendere palese a chiunque, l’esistenza di un contratto di affitto di durata considerevole su di un certo fondo, in modo tale da permettere una corretta valutazione d’un eventuale acquisto o comunque per dare un quadro realistico sullo stato del medesimo.

E’ bene sottolineare che la trascrizione non serve a dare validità al contratto (non ha effetto “costitutivo”), ma soltanto a dirimere un eventuale conflitto tra titoli di una pluralità di aventi causa da un medesimo autore, determinando così la risoluzione ab origine di tutti quegli atti di acquisto di diritti incompatibili con quello acquistato con l’atto primo trascritto.

Tale effetto, definito dalla dottrina giuridica “effetto positivo” prevede che il primo trascrivente di un contratto avrà la preferenza assoluta rispetto ad eventuali pretese o diritti di altri aventi causa dallo stesso autore, quando tali diritti siano incompatibili o diminuiscano il suo acquisto. In altre parole, se ci sono più atti che derivano dallo stesso dante causa, dal momento della trascrizione di uno di essi, questo, anche se concluso per secondo, acquista efficacia prevalente su tutti gli altri atti di disposizione pur contrastanti, che non risultino già trascritti. Come criterio di base, si deve affermare che la finalità di conservazione contro terzi concorrenti raggiunge i suoi effetti indipendentemente dalla buona fede; chi ha trascritto per primo acquista di diritto, anche se egli avesse già conosciuta l’esistenza di diritti altrui risultanti da atti non trascritti.

V’è anche ” l’effetto negativo ” che è una conseguenza diretta del primo: una volta trascritto l’atto, non avrebbero efficacia ulteriori successive trascrizioni di diritti anche se con titoli di data certa anteriore.

Volendo fare un semplice esempio, se una persona stipulasse un contratto di affitto di durata ultranovennale senza trascriverlo, un eventuale nuovo contratto di affitto stipulato dal proprietario con un soggetto terzo potrebbe prevalere in caso di trascrizione di quest’ultimo.

Il primo affittuario che non avesse provveduto a trascrivere il contratto di affitto, non potrebbe prendere possesso del fondo e coltivarlo, in quanto tale diritto spetterebbe al primo trascrivente, ma avrebbe comunque pieno diritto di chiedere un risarcimento danni al proprietario del fondo per la mancata esecuzione del proprio contratto.

La disciplina codicistica della trascrizione è stata modificata dall’art.41 della L.203 del 1982 sull’affitto di fondi rustici il quale, riconoscendo validità anche ai contratti di affitto stipulati verbalmente da agricoltori coltivatori diretti , ha di fatto cancellato, ma solo per tali soggetti, l’obbligo della trascrizione.

Come sostenuto, tra le altre, da Cassazione civile, sez. III, 18 maggio 1999, n. 4804:

“In tema di contratti agrari, la disciplina della opponibilità ai terzi di affitto di fondi rustici a conduttore che sia coltivatore diretto si diversifica, a seguito della entrata in vigore della l. n. 203 del 1982, da quella prevista con riferimento al conduttore cosiddetto capitalista. Mentre, infatti, in tale seconda ipotesi, non essendo stata abrogata dalla citata l. n. 203 del 1982 la disposizione di cui all’art.3 della l. n. 606 del 1966, che prescrive che il contratto di affitto deve essere provato per iscritto, e, ai fini della sua opponibilità ai terzi, deve essere sottoposto a trascrizione, ex art.2643, n. 8, c.c., essendo per legge un contratto di durata ultranovennale (ai sensi dell’art. 17 della l. n. 11 del 1971, e dell’art. 22 della l. n. 203 del 1982), nel caso di affitto a coltivatore diretto trova applicazione l’art. 41 della l. n. 203 del 1982, a norma del quale (in deroga alla disciplina codicistica, che, all’art.1350, n. 8, per i contratti di locazione di immobili di durata ultranovennale prescrive in ogni caso, a pena di nullità, la forma scritta, e, all’art.2643, n. 8, richiede la trascrizione degli stessi contratti ai fini della opponibilità degli stessi ai terzi) i contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa, sono validi anche se verbali o non trascritti, ed hanno effetto anche riguardo ai terzi. 

Come si evince dal testo della sentenza, l’obbligo della trascrizione dei contratti di affitto di fondo rustico di durata ultranovennale viene meno solo per gli agricoltori coltivatori diretti mentre rimane per gli imprenditori agricoli e tutti gli altri soggetti c.d. “capitalisti”.

Volendo banalizzare  la questione con un esempio, si consideri il caso di un fondo rustico sul quale sia insediato un coltivatore con un contratto di affitto non trascritto di durata pari a trenta anni. Se il proprietario dovesse vendere tale terreno dopo appena un anno dall’inizio dell’affitto, avemmo due situazioni differenti a seconda della qualifica dell’agricoltore: se egli fosse “coltivatore diretto”, stante la non necessità di trascrizione del contratto, egli potrebbe rimanere insediato sul fondo per tutta la durata del contratto stesso, ovverosia per i successivi ventinove anni. Se invece nelle medesime condizioni si trovasse un imprenditore agricolo, egli potrebbe rimanere sul terreno in affitto solo per complessivi nove anni, dato che il contratto di l’affitto, per essere opponibile ai terzi oltre tale termine, deve essere trascritto; in questo caso tuttavia, l’imprenditore “sfrattato” ben potrebbe chiedere un risarcimento al locatore-venditore del fondo per tutti i danni conseguenti alla mancata coltivazione.

Disposizioni particolari relative alle esecuzioni forzate ed all’usufrutto di terreni oggetto di contratti di affitto di fondo rustico.

Il legislatore del 1982, nel dettare la nuova disciplina dei contratti agrari ha avuto presente soltanto la condizione normale dei beni immobili, quella cioè della loro libertà e non ha ritenuto di dettare norme particolari per i contratti relativi ai beni che si trovino nella particolare condizione di beni pignorati o sequestrati, o facenti parte di un attivo fallimentare, o concessi in usufrutto, etc. . nè a tale evenienza ha fatto riferimento alcuno.

In tali particolari condizioni quindi, sia gli imprenditori che i coltivatori diretti dovranno rispettare le normali regole previste dal Codice Civile senza che la disciplina innovativa dell’art.41 L.203/1982 sopra analizzata abbia valenza alcuna.

Si deve sottolineare quindi come, in questi casi, sia pienamente operante tra gli altri, l’art. 999 c.c., a norma del quale le locazioni concluse dall’usufruttuario ed in corso alla data di cessazione dell’usufrutto sono opponibili al proprietario purché constino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore (confermato da Cass. 1051/1995, nonché Cass. 1455/1994 e Cass. 8449/1992), come anche le norme di cui agli artt.2923 c.c. e 560 c.p.c. relative alle locazioni di beni sottoposti ad esecuzione forzata.

Volendo fare un esempio, nell’ipotesi di vendita forzata a seguito di un pignoramento , di un fondo rustico gravato da un contratto di affitto di durata ultranovennale, l’affittuario (sia coltivatore capitalista che coltivatore diretto) che non avesse trascritto il contratto dovrebbe sottostare alle normali regole previste dall’art.2923 c.c.; di conseguenza, anche se egli avesse un contratto di durata trentennale, sarebbe costretto a liberare il fondo dopo appena nove anni dall’inizio dell’affitto, ovverosia scaduta la durata al di sotto della quale non esiste l’onere della trascrizione.

In ultimo è opportuno sottolineare che, debbono essere trascritti, come sostenuto da Tribunale Verona, 20 gennaio 2000, ” i contratti agrari stipulati inizialmente per un periodo superiore ai nove anni e non anche quelli convenuti per un periodo inferiore, ma suscettibili di protrarsi in virtù di clausole di tacito rinnovo o in conseguenza della proroga disposta dalla legge, poiché per la qualificazione del contratto occorre avere riguardo alla volontà originaria e non alla potenziale maggiore durata del medesimo .

La trascrizione dovrà essere eseguita presso l’ufficio dei Registri Immobiliari nella cui circoscrizione sono ubicati i beni oggetto della stessa; nel caso in cui un bene fosse riportato in più Registri Immobiliari (ad es. nel caso di immobili siti ai confini di più circoscrizioni), la trascrizione dovrà essere effettuata presso tutti gli uffici, per la parte di loro competenza.

Per poter trascrivere un contratto (compito generalmente affidato ad un notaio), è necessario che l’interessato sia munito di copia del titolo in forza del quale chiede la trascrizione (che dovrà avere forma pubblica od essere una scrittura privata autenticata da un notaio ; non possono essere trascritte invece le semplici scritture private), nonché una nota di trascrizione in doppio originale che è una sintesi, in bollo, dell’atto da trascriversi, la quale deve contenere tutti gli elementi previsti dall’art.2659 c.c.; l’omissione o l’inesattezza di alcuna delle indicazioni richieste nella nota di trascrizione non nuoce alla validità della stessa, salvo che induca incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico cui si riferisce l’atto (ex art.2665 c.c.).